VA BENE TUTTO, MA CONTRO SALVINI SIAMO ALLE SCHIFEZZE

Egli sniffa? Nel senso di indicativo presente del verbo sniffare, terza persona singolare, dialettale e feroce per come lo lascia intendere il quotidiano “Il Riformista”, che ritiene di avere fatto lo scoop, di avere scoperto il motivo del movimentismo turbo del senatore Matteo Salvini durante le elezioni del capo dello Stato.

È tutto in una frase di un articolo di retroscena: “Due colonnelli della fronda leghista, seduti in attesa sui divanetti rossi, svelenano tra loro commenti pesanti sulle frequenti necessità del segretario, di assentarsi un attimo, giusto un attimo per poi tornare rinfrancato e pimpante”.

Tutto anonimo, strisciante, stereotipato, tranne il senso di un gesto chiarissimo, che mille volte abbiamo visto fare al cinema (certi esotismi fricchettoni nella realtà mi sono estranei). Di solito quando lo sceneggiatore non pippa ma è una pippa, la scena avviene nei bagni congestionati di una discoteca all’ultramoda, nel retrobottega del mafioso destinato ad essere sparato dopo un’oretta di proiezione, nell’ufficio tutto vetri dello squalo di Wall Street che sta per comprare il Portogallo o ha appena venduto all’asta i suoi figli. Cocaina, dollari arrotolati e via con il botto di benessere.

È possibile equivocare? Difficile, a meno che non si voglia accusare qualcuno di essere incontinente. Il segretario della Lega legge e denuncia con un post su Facebook: “Ho capito quello che avete capito voi? Uscirei spesso dall’ufficio, durante le riunioni, per andare a drogarmi in bagno e tornare pimpante. Accetto tutto ma non questo. Drogato proprio no. Questo non fa parte della contesa politica, questo va oltre. Vorrei chiedere a questi “giornalisti” di ricordarsi che fuori dai palazzi della politica ho due figli che rispettano e amano il loro papà, che con tutti i suoi difetti è per loro un modello. Non chiedo rispetto, per qualcuno sarebbe troppo, ma almeno un po’ di pudore e vergogna pensando ai bambini. Questo sì». Poi annuncia querela indicando come eventuale beneficiario del risarcimento “i ragazzi di San Patrignano”.

Ormai contro Salvini vale tutto, anche il sangue agli occhi di una categoria che non brilla per equilibrio, docile custode del pensiero unico politicamente corretto. Il corto circuito diventa paradossale se si pensa che “il Riformista” è – sarebbe – il baluardo del garantismo nazionale. Il direttore Piero Sansonetti ha un’altra lettura, ovviamente innocentista, e replica così: «In nessun articolo abbiamo parlato di droga o di bagni e neppure di ufficio di Salvini. Semplicemente abbiamo riferito di un colloquio fra due suoi parlamentari (segue frase incriminata – ndr). Il riferimento è all’ipotesi che Salvini sia eterodiretto e che per prendere le decisioni abbia bisogno di ricevere indicazioni e rassicurazioni dall’esterno. Nell’articolo non c’era alcun intento scandalistico». Per la verità non c’erano neanche nomi, circostanze, virgolettati riferibili a soggetti identificabili.

La vicenda si inserisce in un clima da reality show nel quale la categoria dei giornalisti sguazza da tempo, pur con la pretesa di continuare a custodire il sacro fuoco dell’obiettività. Vizi privati e pubbliche virtù, con licenza di usare il lanciafiamme quando fa comodo alla narrazione. Da questo punto di vista la settimana delle presidenziali è stata un festival di retropensieri in libera uscita, di sussurri e grida, di verità destinate a sciogliersi come ghiaccioli a Ferragosto (tempo sette minuti), di arrampicate sugli specchi per giustificare le topiche dì qualche ora prima.

Un esempio originale è la vicenda di Maria Elisabetta Casellati, candidata del Centrodestra bruciata (anzi arsa viva) da Forza Italia, il partito che l’aveva sponsorizzata. Alla fine dello scrutinio della sconfitta, molti siti hanno descritto la presidente del Senato mentre usciva dall’Aula «sostenuta a braccia da un’assistente. E a chi le ha chiesto un commento, ha risposto con un pacato “grazie”».

Facile immaginare un crollo fisico. Se le parole hanno ancora un senso, viene sostenuto a braccia chi non ce la fa da solo. Qualche ora dopo la stessa Casellati ha dovuto emettere un comunicato:  “Mi ha telefonato mia figlia in ansia. Nessuno mi ha sostenuta a braccia, semplicemente una parlamentare che mi aveva votata, mi ha abbracciata”. Nell’era dominata dai social stiamo diventando questa cosa qui. E il Pulitzer può attendere.

 

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