USA, UN ABORTO DI DIGNITA’

Era successo in Argentina, sempre a giugno, ma nel 1955: l’ennesimo golpe in quel tormentato Stato sudamericano destituì Juan Peron, costretto all’esilio prima in Paraguay poi nella Spagna del dittatore Franco. A Buenos Aires si instaurò un nuovo governo militare con a capo il generale Pedro Eugenio Aramburu, che dopo aver soppresso numerose rivolte e giustiziato 38 peronisti, pensò bene di abrogare le riforme introdotte da Peron nel 1949 e ristabilì la costituzione del 1853.

L’Argentina slittò indietro di un secolo. Non so di quanto siano scivolati indietro gli Usa adesso, grazie all’illuminata decisione della Corte Suprema che ha abolito la sentenza sul diritto all’aborto.

Il primo effetto preventivato è ovvio e naturale: l’assalto delle donne americane ai centri clandestini, negli Stati che resteranno liberali sull’argomento, nelle case o negli studi dei medici che continueranno a praticarlo per umanità o per lucro. Umanità, sì, perché a un certo punto della storia persino la Chiesa ha indebolito la sua intransigenza, iniziando pacatamente a distinguere, e pur appellandosi con forza al diritto alla vita e alla coscienza, al senso di responsabilità femminile – perché alla fine e neanche troppo sbrigativamente, il problema lo lasciamo a loro, alle donne – il Vaticano si è ammorbidito. Socchiude un occhio, per dire, sugli aborti a seguito di stupri. Fissa un limite per cui una vita ancora non può essere considerata tale, con una deroga discussa, discutibile, ma ormai acclarata.

Non possiamo pensare che il diritto all’aborto sia una stata una conquista femminile, poiché la gravidanza anzitutto è una questione di famiglia, di società, di individui che la compongono, e qualche volta al fianco della puerpera c’è anche un uomo, consenziente o no. Il diritto all’aborto sancisce anzitutto ed esattamente quella libertà di potersi sottrarre alla clandestinità, di evitare che diventi come sempre una conseguenza classista riservata a chi ha il denaro per poter comunque disfarsi del feto, a dispetto delle leggi. Quindi quella “conquista” femminile ora perduta negli USA torna ad essere in realtà un peso riservato a loro, alle donne, una responsabilità univoca che non è giusta, non è equa, non è democratica.

Da cristiano e da maschio mi è facile invocare la provvidenza di Nostro Signore, avendo avuto una madre cattolicissima che ha portato nel cuore, per tutta la sua esistenza, il fardello di un senso di colpa mai alleggerito: da sposina senza mezzi di sostentamento e con un marito più giovane di 6 anni, alle prime esperienze lavorative, abortì, e lo strazio del suo animo raddoppiò quando apprese che si trattava di due gemelli. Mia madre si è pentita per tutta la sua esistenza di non essersi affidata alla Provvidenza: “Non avevo capito, non avevo accettato, che se Dio mi stava rendendo madre mi avrebbe dato le possibilità di crescere i miei figli”.

Da cittadino del mondo nel 2022 non posso ignorare che il diritto all’aborto, in contrapposizione alla mia fede e alla mia religione, è uno strumento fondamentale per dare le stesse possibilità alle donne ricche e a quelle povere, alla società ricca e alla società povera. A chi un bambino lo ha cercato e voluto e a chi invece se lo è ritrovato nel grembo. Da cittadino del mondo, nel 2022, in contrapposizione alla mia fede e alla mia religione, sono aperto all’eutanasia. La giustizia divina farà il suo corso nel giudizio universale, perché i suoi disegni terreni non sono chiari e qualche volta per accettarli avremmo bisogno di una santità di cui non disponiamo.

Non ho dubbi che l’ingiustizia sociale negli Stati Uniti, relativamente al diritto all’aborto, si accinga a prevaricare ancora una volta alcuni elementari paletti che riguardano la dignità e la vita: della famiglia, della società e dell’individuo, non solo della donna incinta. Per questo resto convinto che la Corte Suprema americana e Pedro Eugenio Aramburu abbiano avuto in comune un ideale ipocrita e retrogrado, che abbiano arretrato la storia USA e quella Argentina di decenni, e quando si torna indietro, per definizione, si sconfigge il progresso.

Se ci sono ancora tempo e modo per correggere il tiro, Biden faccia tutto ciò che è in suo potere per evitare lo sprofondo, in un Paese dove il traffico di feti e di feti abortiti resta una piaga orribile e radicata anche e nonostante i diritti conquistati nella storia. La dignità è il vero diritto inalienabile, ed è questa che metto in ciascuna delle mie preghiere serali.

Un pensiero su “USA, UN ABORTO DI DIGNITA’

  1. Sabrina Ramella dice:

    Grandissimo Luca! Chi si occupa poi di questi bambini nati non voluti, non amati, in contesti e con genitori del tutto inadeguati o addirittura violenti e maltrattanti. Dove sono le risorse economiche e strutturali per queste donne costrette a diventare incubatrici viventi? Io non ne ho trovata traccia nelle leggi “trigger” già emanate in 13 stati USA. Bambini che poi sarà lecito esporre al rischio di essere ammazzati a scuola o al centro commerciale da altri bambini un poco più grandi ma già legalmente dotati di ak47…ah l’ipocrisia più assoluta

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