UNA RISATA SEPPELLISCE L’ARTE SFREGIATA

di MARCO CIMMINO – Mica vero che viviamo in tempi cupi, ingrigiti dalle pandemie e sbiaditi dalla pochezza di politici e intellettuali: c’è ancora speranza. Qua e là, in questo mortorio di Paese, tra vestitini bianchi e fessi che si prendono maledettamente sul serio, scoppiettano minuscoli petardi di allegra goliardia: la gente, forse, non si rassegna a morire in grisaglia. Così, mentre mi ascolto una compilation di Sergio Caputo, che ci cade a misura, vorrei raccontarvi una storia allegra: la storia di quattro amici e una ringhiera.

Dovete sapere che Bergamo, la mia città, oltre a essere una città meravigliosa, passa anche per essere abitata da una popolazione un po’ trugna: dedita al lavoro, serissima e decisamente poco incline alle zingarate. Eppure, proprio qui, tra paioli di polenta e concerti delle fanfare alpine, la goliardia è per un attimo risorta, a dimostrare che si può protestare contro il sistema, senza candeline, gessetti o parka gialli, ma facendosi delle grassissime risate. E, per la verità, “sistema”, forse, è parola un po’ grossa: diciamo sistemino.

L’antefatto è semplicissimo: con la lodevole intenzione di rendere accessibile ai disabili un pezzetto delle Mura venete, che sono un po’ l’icona della città, la Soprintendenza e il Comune hanno messo mano ad alcune migliorie, che a molti sono però sembrate delle peggiorie. Una bella scala in pietra è sparita: vabbè, non era cinquecentesca e ci può stare. Soprattutto, però, il nuovo passaggio adatto alle carrozzine è stato messo in sicurezza da una ringhiera in ferro, che sembra rubata a una villetta a schiera della Bassa. Obbiettivamente, un manufatto inguardabile. Le critiche e le proteste, tuttavia, sono state respinte un po’ altezzosamente dai mastri pensatori che stabiliscono il nostro destino urbanistico: in fondo, che ne sapete voi, omuncoli, di come si fanno le ringhiere?

Così, ieri sera, dopo un deprimente concerto nel corral in cui è stato trasformato il centralissimo piazzale degli Alpini di Bergamo, a seguito di un gin tonic pessimo, pagato la miseria di dieci euro, quattro Bergamaschi, già noti come “Cavalieri del Casoncello”, hanno pensato bene di manifestare la propria disapprovazione verso la controversa ringhiera, restituendole la sua dimensione originaria, ovvero, appunto, quella del manufatto villettesco e magutto. Dopo avere saccheggiato le proprie lavanderie e l’unico supermarket ancora aperto, i quattro, rimasti in tre per la defezione del più anziano, già in odor di divorzio, sono saliti fino a Porta San Giacomo e hanno addobbato la ringhieraccia di panni stesi e altri ammennicoli che ne testimoniassero l’originaria probabile destinazione.

La cosa assume significato ulteriore, giacchè, proprio stamane, il Soprintendente avrebbe dovuto recarsi in loco, per stabilire la congruenza della ringhiera con il resto delle Mura. Verso le otto, però, solerti operatori comunali hanno asportato l’ornamento notturno dal manufatto e, così, sua Soprintendenza ha potuto constatarne la perfetta aderenza ai canoni estetici dell’intero complesso, condannandoci alla ringhiera in via definitiva.

Ma rimane, comunque, questo piccolo gesto simbolico dei quattro dissidenti, già pronti ad assumere il nuovo nome di “Quattro Mollettieri”, che testimonia del fatto che si possa anche dissociarsi ridendo, dalle bischerate messe in atto da quelli seri. La cui stizzita reazione, peraltro, non si è fatta attendere: parbleu, come si fa a ridere di noi? Già si parla, a titolo espiatorio per la profanazione, di fare ridipingere ai reprobi tutte le ringhiere della Bergamasca. Com’è che dicevano una volta? Una risata vi seppellirà…

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