UNA LACRIMA PER GLI 80 ANNI DEI DUE LUCIO DELLA NOSTRA VITA

Neanche fossero due gemelli, sono nati uno di seguito all’altro, nel giro di poche ore: Lucio Dalla il 4 marzo, Lucio Battisti il 5. Uno a Bologna, l’altro a Poggio Bustone, dalle parti di Rieti. Era il 1943, ottant’anni esatti. Che sia un semplice gioco delle coincidenze, o che piuttosto sia un chiaro segno celestiale, essere arrivati nel mondo e nella nostra vita in simultanea ha comunque un sapore quasi trascendentale. Certo romantico. Il destino li ha mandati insieme per fare la stessa cosa, anche se in modi e in luoghi diversi: la cosa più difficile di tutte per qualunque essere umano, cioè smuovere sentimenti ed emozioni, in definitiva il meglio di noi.

Per quanto mi riguarda sono qui a lanciare un happy birthday carico di gratitudine e di malinconia, come tanti altri italiani di sicuro, e non solo quelli della mia generazione – ragazzi negli anni Settanta -, ma voglio scommettere di tutte le età, perchè quei due sono del genere che piace, tocca, smuove tutto il campionario del tempo, nonni padri figli nipoti.

Ottant’anni immaginari per i nostri due Luci, sì, detti così proprio come lampioni lungo la strada buia di certe giornate. I due Luci che in realtà se ne sono andati entrambi troppo presto, ma che in fondo non se ne andranno mai, tenuti qui in tutte le stagioni con il carico etereo e impalpabile del loro incantesimo poetico. Io ricordo di essermeli ritrovati nella mia vita come in una staffetta: negli anni Settanta, a cavallo dei vent’anni, il riccioluto Battisti, poi subito negli Ottanta il peluche Dalla. A seguire me li sono sempre ritrovati insieme sulla bacheca migliore delle mie cose migliori: ma come ingresso, familiarità, affetto spassionato, prima uno e poi l’altro. Un perchè, come in tutte le vite, non c’è. Non dipende certo da loro, ma neanche da me.

Tanti altri cantautori sono entrati con loro e dopo di loro nel mio juke-box immaginario. Nelle mie compilation, diremmo adesso. E di tanti generi diversi. Anche allora, non ero, non eravamo monotematici: si saltava da Battisti ai Beatles, dai Led Zeppelin ai Pink Floid, dai Dire Straits ai Cugini di Campagna, perchè no. E perchè nessuno si permetta di dire che il gusto è vecchio, anche risalendo come salmoni nel flusso degli anni non ho, non abbiamo esitato ad amare i Venditti, i Baglioni, i Vecchioni, i Vasco, i Renato Zero, i Tiziano Ferro, fino agli Ultimo e ai Mengoni (con tutti gli sforzi, i Blanco e i Fedez proprio no: non è questione di età, è questione che c’è un limite). Insomma per confermare che nessuno è qui adesso a dire esistono solo Battisti e Dalla (lo ammetto, li cito in ordine di preferenza, ma staccati soltanto da un centimetro, al fotofinish). La musica è vasta, è bella, è insostituibile nella sua mole sconfinata. E ciascuno pesca il suo, senza che tanti sedicenti esperti ci debbano spiegare cosa sia meglio e cosa sia peggio, facendoci magari vergognare perchè ascoltiamo se capita i Cugini di Campagna (allora) o i Jalisse (più avanti).

Io poi mi dichiaro profano, senza problemi. So suonare a malapena il citofono (già quelli ipermoderni con i tastini e le funzioni per suonare a Mario Rossi mi mandano un po’ in crisi), non ho sempre le cuffiette nelle orecchie, spesso mi prendo dei periodi di radio spenta anche in macchina (quando ascolto il silenzio, facendo quattro chiacchiere con me stesso, non meno nobile che ascoltare i Maneskin a palla).

Ma proprio perchè non sono un raffinato espertone di musica, tanto meno un instancabile ascoltatore h24 perchè senza musica non si vive, proprio per questo credo di essere una cavia attendibile se riconosco adesso l’immortale grandezza dei due Luci. Non è un giudizio tecnico: è un semplice moto dell’anima. Parlo per me: se tra tantissimi giganti della musica questi due ancora si staccano, un motivo ci deve essere. Il motivo che trovo io è molto semplice: dipende un po’ da loro e parecchio da me.

Da loro inutile spiegare perchè: la grandezza delle loro canzoni, di tante loro canzoni, è tale per cui ormai basta che partano le prime note per ritrovarsi sulla macchina del tempo, proiettati però non nel passato, o forse sì, anche nei migliori anni della nostra vita, ma soprattutto nel senza tempo in cui ci perdiamo più leggeri e più liberi, lontanissimi dai nostri affanni e dal nostro problema pratico, sospesi come astronauti nell’universo della poesia, della commozione, e dopo tutto anche della più dolce malinconia. Volare senza ali, quello è.

Ma poi questo legame indissolubile e incorruttibile dipende da me – da noi – in gran parte, perchè queste due adorabili canaglie sono state capaci di venire a intromettersi nei fatti miei – nostri -, i più intimi e i più personali, con colonne sonore insostituibili, come le avessero studiate apposta per me – per noi – in quei precisi e particolarissimi passaggi della nostra esistenza, certo, soprattutto negli amori, quando alzare il telefono – fisso, dopo il litigio col fratello più grande che non metteva mai giù con la sua ganza – e chiamare lei, allora brufolosa e con i jeans a zampa, mettendoci sotto – o sopra – i Giardini di Marzo o Stella di Mare, provocava l’effetto paradiso, autentica narcosi, capace di ridurmi – ridurci – a poveri molluschi senza ossa, in preda all’estasi ebete e catatonica che avrebbe fatto piegare in due dal ridere l’intero nucleo di casa, padre madre fratelli sorelle cane bastardo, con cui facevamo i duri per apparire insensibili a qualunque stupidaggine sdolcinata e sentimentale, innamorato io, ma figurati, parliamo piuttosto di Andreotti e della Cia…

Bastava vedere le feste con le tapparelle abbassate, i lenti a ventosa, per capire il potere ipnotico di quelle due canaglie dell’anima, i due Luci oggi ottantenni, prima l’uno e poi l’altro, entrati assieme nella nostra vita così come alla vita si erano affacciati in coppia, a poche ore di distanza, il 4 e il 5 marzo 1943, date incise a sangue nelle targhe metafisiche della nostra parte migliore.

E ancora oggi che le nostre brufolose hanno tanti fili bianchi in testa e un vitino di vespa un po’ maggiorato, sarà ancora lo stesso piacere e lo stesso incanto ebete, quando per festeggiare gli ottant’anni dei nostri due Luci faremo ripartire qualcosa della loro inarrivabile creazione.

Con Dalla sarà bello guardare ancora avanti, nonostante il peso degli anni, e immaginare insieme un altro po’ di Futura. Con Battisti sarà consolante accorgerci che niente è cambiato dentro di noi e niente cambierà, se saremo sempre accompagnati dal Nostro caro angelo.

Un pensiero su “UNA LACRIMA PER GLI 80 ANNI DEI DUE LUCIO DELLA NOSTRA VITA

  1. Cristina Dongiovanni dice:

    Un articolo lungo, che forse non vorrebbe finire mai, come il mio canto stonato, ma estasiato, per quelle meraviglie senza tempo che ci siamo trovati nelle orecchie, poi negli occhi e nel cuore. Si pure negli occhi, che improvvisano ancora oggi e più che mai una realtà diversa quando lo sguardo è accompagnato dalle loro canzoni, come se tutto prendesse la forma di una poesia personale. Si pure nel cuore, che ancora sussulta d’emozione. Mio padre è nato il primo marzo, era un tipo taciturno e la sua anima l’ho imparata anche mentre lo osservavo ascoltare Emozioni, mentre batteva piano le dita sul divano sorridendo a Futura. Un grazie grande come tutto il cielo.

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