UNA BANDIERA, UNA STORIA

di GHERARDO MAGRI – Alle Olimpiadi di Tokio hanno sfilato 206 nazioni con le loro bandiere che rappresentano i colori nazionali. Ne mancano solo due per arrivare al 100% degli stati mondiali, ma sono dieci in più rispetto a quelli riconosciuti a livello internazionale. Un ricco caleidoscopio di tipi e forme che sono il simbolo stesso dei Giochi, di cui una buona parte abbiamo visto issare durante le premiazioni delle gare. Ogni quattro anni scatta la curiosità per chi, come me, è appassionato e affascinato dalla diversità e unicità di questi importanti pezzi di stoffa, così importanti come simboli.

La storia ci dice che la Cina è la prima a utilizzare la bandiera come differenziazione necessaria per distinguere i reparti militari l’uno dall’altro. In Europa sono invece i romani a introdurre il vexillum, di forma rettangolare, impiegato soprattutto nella cavalleria. Nel Medioevo l’araldica assume una grande importanza per identificare sovrani e signori del tempo con i blasoni, alcuni dei quali tuttora sopravvissuti.

Alcune bandiere sono più famose di altre. Quella americana, con le 13 strisce che rappresentano le colonie originarie e le 50 stelle per gli stati attuali, è stata copiata molto. Quella del Regno Unito, soprannominata Union Jack (nomignolo che sembra derivare dalla bandiera di bompresso sulle navi, oppure dal colloquiale significato di mozzo-marinaio, se non dal nome del re Giacomo VI al momento della riunificazione con la Scozia), è la sovrapposizione delle croci dei tre santi patroni: San Giorgio-Inghilterra, Sant’Andrea-Scozia e San Patrizio-Irlanda del Nord. L’Union Jack è presente (in piccolo) ancora in diverse bandiere di stati membri del Commonwealth, come l’Australia. Quella francese è simbolo di libertà fin dai tempi della rivoluzione del 1789 ed è stata l’ispiratrice di tanti tricolori successivi, compresa l’Italia che ne ha derivato poi il biancorossoverde.

I colori hanno spesso dei significati precisi. Di solito il rosso è simbolo di ribellione e insurrezione, il bianco è purezza, il verde simboleggia la natura e le risorse ambientali, il nero (più tipico degli stati arabi e asiatici) significa trionfi e vittorie, altre volte è semplicemente il colore del casato dei regnanti. Le forme sono perlopiù rettangolari anche se con proporzioni leggermente diverse da rispettare. Ce ne sono solo due quadrate: Vaticano e Svizzera.

Parecchie si somigliano perché utilizzano gli stessi colori ma con sequenze diverse. Mi sapreste dire al volo tra Paesi Bassi, Jugoslavia e Russia come sono messi bianco-rosso-blu in orizzontale? Meno male che l’Italia si differenzia dal Messico per via dello stemma centrale di Città del Messico, altrimenti sarebbero uguali. Che dire di chi non rispetta l’esposizione giusta? La nostra bandiera può diventare facilmente quella dell’Ungheria e viceversa, se sbagliamo il verso: quante volte abbiamo visto sui nostri balconi, ma anche in mano ai campioni olimpici, questo obbrobrio, con il rosso a sinistra e il verde a destra.

I paesi scandinavi si distinguono per le loro croci disassate a colori invertiti: poca fantasia, lineari come solo loro. Azzurro e bianco abbondano in America Centrale e del Sud. I colori della Russia sono stati estesi a molti paesi dell’Est. Ammetto di avere un debole per la bandiera greca: le sue nove strisce bianche e azzurre, che sono le nove sillabe di “libertà o morte” pronunciato durante la guerra d’indipendenza, e la croce bianca, compongono un insieme fresco e armonioso.

In Asia sono frequenti simboli come il sole e le stelle, accompagnati spesso da disegni creativi. Il noto Sol Levante del Giappone fa eccezione per la sua nitidezza ed efficacia.

Per finire un commento su una bandiera internazionale, quella olimpica: i cinque anelli sovrapposti, simbolo dei continenti uniti tra loro, non sarà magari la più creativa, ma è così semplice e diretta da farla sembrare altamente suggestiva e molto attuale.

 

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