UN PIETOSO DERBY D’ITALIA ANCHE SUL COVID

di CRISTIANO GATTI – Ormai siamo al derby d’Italia pure per il Covid. Per Zangrillo possiamo chiuderla qui con le paure e finalmente rilassarci: il resto è solo paranoia. Per Guerra, questo Covid ha tutta l’aria di volerci trattare come la Spagnola, illudendoci di sparire d’estate e ripresentandosi ancora più assassino in autunno.

Ma noi, che stiamo nel mezzo, a chi dovremmo credere? La voglia è di credere a Zangrillo, la prudenza ci fa credere a Guerra. Ma ovviamente non ci sono solo loro: le due squadre, quella del basta con i sacrifici e le ansie contro quella del facciamo bene attenzione a rilassarci perchè è un attimo, vedi ad esempio la Germania con i suoi mattatoi, o noi stessi a Bologna e Mondragone, le due squadre hanno entrambe una rosa ampia, con dentro un sacco di bei nomi, tutti nomi di quantità e di qualità.

Peccato che a noi, in mezzo, venga sempre più difficile trovare un minimo di sicurezza. Credevamo che almeno nella scienza si potesse fissare qualche paletto. Niente da fare. Tutto relativo, aleatorio, arbitrario. Personale e personalizzato. Questi fuoriclasse della virologia hanno in definitiva lo stesso talento: benchè nessuno – come dimostrato – abbia in tasca la verità, si presentano tutti immancabilmente con l’aplomb e l’arroganza di chi la verità ce l’ha in testa. Lui solo. La sola verità vera. In fondo, è il segreto di chi sa stare al mondo, in tutti i campi: non importa quello che hai da dire, importa come lo dici.

Così, ci ritroviamo come popolazione al solito punto: si tifa per una della due squadre a simpatia. Il tifo è una fede, non si basa su alcun dato oggettivo: questione di emozioni, di cuore, di istinto.

Se mai, è ben triste dover ammettere la deriva peggiore di questo sistema umorale e spannometrico: ancora una volta, la buttiamo in politica. La gente sta cominciando a tifare per il virologo di riferimento della sua sponda. Quello in quota centrosinistra e quello in quota centrodestra. E come sempre non importa più a nessuno che cosa dica questo o quello, se abbia dati e argomenti convincenti: conta soltanto la divisa, il gagliardetto, la bandiera. Zangrillo è quello che ha promesso i 120 anni a Berlusconi, quindi piace da quella parte. Burioni va tanto da Fazio, dunque è affidabile e preparato per quell’altra parte. Tanto, chi di noi umani può dire davvero chi sia il fuoriclasse e chi sia l’asino.

Sinceramente è dura capire come tanti italiani possano schierarsi in modo così appassionato per un virologo e non per l’altro, soltanto perchè questo è vicino a Silvio e l’altro pratica Fazio, o roba simile.

Certo, è difficile capire davvero chi la sappia lunga davvero. Ma la soluzione non è tifare per partito preso. La soluzione, forse, è osservare, ascoltare, tenersi quello che convince, buttare quello che non convince. E sempre, sempre, sempre dubitare. Questo mondo del virus è un tale ingorgo di lati oscuri, intrighi, interessi economici, giochi politici, che nessuno dovrebbe sognarsi di mettere a riposo la propria testa, mitizzando a occhi chiusi l’esperto di bandiera. Non si scherza, con la salute. Non è il referendum di Renzi, non è la bega sul vitalizio dei parlamentari, è qualcosa di infinitamente più serio.

Troppi morti, troppe persone care sparite nel nulla, troppo di tutto ancora ci pesa addosso. Come minimo, servirebbe misura. Beate le star della virologia che invece sono riuscite a ritagliarsi il loro derby nazionale, liberando ego e vanità sul palcoscenico delle umane passioni. Questi luminari (e pazienza se matematicamente non possono essere tutti così luminari, perchè se uno ha ragione l’altro è per forza un somaro) questi luminari sono riusciti a chiuderci tutti in curva, la Sud e la Nord, con tanto di cori e di slogan, pure per il Covid. Incredibile. Ma dopo tutto i fenomeni non sono loro. I veri fenomeni siamo noi, che riusciamo a spaccarci in una nuova guerra tra bande pure su una pandemia epocale. Su una questione di vita e di morte.

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