UN DOVEROSO RIPASSO SUL 4 NOVEMBRE

Quattro novembre: festa delle Forze Armate e dell’unità nazionale. Una definizione che gronda ipocrita melassa e correttezza politica da tutte le parti.

La prima ipocrisia, naturalmente, riguarda la scelta del quattro novembre, ovvero della data in cui, per quasi un secolo, si è festeggiata la vittoria nella Grande Guerra. La seconda, invece, ha a che fare con le Forze Armate e mi ricorda un po’ la festa della donna. Come le donne, le Forze Armate si devono ringraziare, rispettare e festeggiare ogni giorno: invece, da noi, si assegna loro un contentino all’anno, salvo dimenticarsene per il resto del calendario. Ne fa fede il trattamento vergognoso riservato ai nostri soldati che rientravano dall’Afghanistan. Infine, l’unità nazionale: andatelo a dire agli Istriani.

Insomma, il quattro novembre è una data che rappresenta benissimo le molte contraddizioni che caratterizzano il rapporto tra le nostre istituzioni e l’idea di vincere una guerra. Eppure, noi quella maledetta guerra l’abbiamo vinta: nonostante la nostra impreparazione, nonostante alcuni macroscopici errori, quasi nonostante noi stessi. E l’abbiamo vinta con le nostre forze: la bubbola degli alleati che ci avrebbero salvato la ghirba sul Piave è, appunto, solo una bubbola.

Cinque divisioni, impiegate a spizzichi e con grande prudenza, su cinquantasei schierate, non hanno cambiato niente: sottolineo, poi, che, nell’offensiva Radetzky, i soli reparti che hanno ceduto sotto la spinta avversaria erano britannici. Pochi e nemmeno tanto buoni, mi verrebbe da dire. Sostenere che Francesi e Inglesi abbiano dato un contributo determinante alla nostra vittoria sarebbe come attribuire il salvataggio della Francia, durante il Friedensturm, al secondo corpo d’armata di Albricci: una barzelletta.

Dunque, dicevamo, il 3 novembre 1918, quando, a villa Giusti, venne siglato l’armistizio, fu vittoria vera. E, semmai, la nostra vittoria fu determinante nel demoralizzare i Tedeschi, che vedevano la possibilità di essere attaccati anche da sud, dopo la capitolazione austriaca: vi rammento che, sul fronte occidentale, la guerra terminò l’undici novembre alle ore undici.

Certamente, l’Austria-Ungheria era alla canna del gas: le truppe erano esauste, i nazionalismi stavano sgretolando l’impero, le linee di rifornimento erano troppo lunghe, i materiali e perfino il cibo scarseggiavano. Ma siamo stati noi a portare a questo esaurimento i valorosi soldati di Boroevic: la resistenza nelle due battaglie del Piave è stata la chiave di uno strangolamento progressivo delle risorse avversarie.

Noi Italiani di guerre e di battaglie ne abbiamo vinte pochine: almeno quelle incontrovertibilmente vinte lasciatecele festeggiare. Non c’è nessuna ruggine, nessun retropensiero: io stimo enormemente i Kaempfern imperiali e onoro il loro coraggio e la loro abnegazione. Cosa c’è di male se festeggiamo una vittoria che ci ha restituito la stima del mondo, un filo depressa, dopo Lissa o Adua?

E non abbiamo paura di sventolare il Tricolore, in questa celebrazione così silenziata: è la nostra bandiera. La stessa che sventolava alle bocche del Timavo, quando Randaccio ci lasciò la pelle. La stessa che avvolse le bare degli ignoti ad Aquileia. E che abbraccia ancora i nostri caduti che tornano a casa dalle missioni di pace. Solo che quelli sono dimenticati: non ignoti.

Un pensiero su “UN DOVEROSO RIPASSO SUL 4 NOVEMBRE

  1. Fiorenzo Alessi dice:

    Egr. Dott. M. Cimmino,
    se non ricordo male , il 4 Novembre fu per anni anche una Festività Nazionale. Come la Liberazione o la Festa della Repubblica, che tali rimangono.
    Evidentemente, era forse chiedere troppo che il Paese festeggiasse i propri Militari . Persone, per la gran parte giovani, alle quali è affidata non tanto e non solo la difesa della Patria , ma onerate sempre più di compiti di estrema importanza sociale. Non dimenticando poi che, quando c’è un “lavoro sporco” da fare , in primis le cd. Missioni di Pace ….con il mitra a tracolla, lo si affida comunque sempre a Corpi Scelti dell’apparato Militare . Dei quali , volenti o nolenti, si dovrebbe andare fieri, ma che invece le anime più belle tendono sovente a far finta di non conoscere. D’altronde , se è stata degradata anche la Festività dei Defunti , i “Morti” del 2 novembre, qualcosa vorrà pur dire. Non si tratta di una semplice festa, ma di un vero e proprio Trionfo dell’ ipocrisia.
    Cordialmente.
    Fiorenzo Alessi

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