UN ARGINE AL CELLULARE BAMBINO

di JOHNNY RONCALLI – A scuola niente smartphone e una volta a casa utilizzo limitato con accesso crescente, ma controllato, fino al compimento del dodicesimo anno di età.

Questa la proposta di un gruppo di deputati dei 5 Stelle.

Per quanto riguarda la scuola già accade in Francia, sotto i 12 anni il telefonino lo si lascia a casa. Ma i promotori dell’iniziativa ora vorrebbero regolamentare l’utilizzo anche a casa.

Diciamo che idealmente l’iniziativa è più che lodevole sul versante scolastico, diciamo quello che tutti pensano: che te ne fai del telefonino a scuola a 7, 9 o 12 anni? Loro, i bambini, almeno fino a 12 anni mi permetto di definirli bambini, lo sanno bene cosa farsene, scrivono, navigano, a volte fuggono e si inoltrano in territori vietati, ma rimane un fatto incontestabile: non serve lo smartphone a scuola, certo non serve se hai dieci anni e dintorni.

Non che il paragone possa reggere, ma è un po’ come se io avessi portato con me i walkie talkie appena avuti in regalo. Avrei potuto farlo, ma non mi sarebbero serviti, se non per giocarci in modo innocente durante la ricreazione e chiusa lì. Ecco, innocente.

Può apparire inutile soffermarsi per l’ennesima volta sull’eccesso di esposizione alla rete fin dalla più tenera età, sulle opportunità sociali e di apprendimento che questa esposizione reprime, sulla mancanza di filtri e sui rischi di sprofondare in paludi pericolose, leggasi pedopornografia, giochi estremi, leggasi accesso indiscriminato a parole e immagini che anche a trenta, cinquanta, settanta anni sarebbe bene evitare.

Può apparire inutile anche evocare l’allarme di rimbambimento precoce suonato da molti pediatri e psicologi dell’infanzia, e poi gli studi che sottolineano il pericolo di una eccessiva esposizione alle onde elettromagnetiche soprattutto in quella fascia d’età.

Può apparire tutto inutile perché ne siamo tutti consapevoli, ma finché non si pone un argine saremo tutti doppiamente colpevoli, perché conniventi informati sui fatti.

Porre un limite sull’utilizzo almeno a scuola degli smartphone mi pare solo sensato, avrei alzato anzi l’asticella, fino ai 14 anni. Sarebbe uno strappo rispetto a quello che accade abitualmente, ma di nuovo a me pare chiaro che senza strappi saremo travolti e soprattutto saranno travolti i nostri bambini e ragazzi. Davvero la pur inevitabile deriva tecnologica non può subire frenate? Dipende solo da noi.

Chi vorrebbe promuovere l’iniziativa si spinge in realtà oltre la scuola, vorrebbe regolamentato l’utilizzo degli smartphone anche a casa: nessun accesso fino ai tre anni, un’ora dai tre ai sei anni, tre ore dai sei agli otto anni, quattro ore dai nove ai dodici anni, con tanto di sanzioni dai 300 ai 1500 euro per chi consente trasgresssioni.

Qui mi defilo, per questa parte ritiro la sottoscrizione. Innanzitutto chi controllerebbe? Come e cosa? Verrebbero distribuite SIM con minutaggi e accessi limitati? Ci dovremmo forse aspettare una linea di cellulari 0-12. Ma non è questo il punto, quello vero.

Fuori dalla scuola c’è e deve esserci una famiglia. Dovrebbe, insomma.

Dovrebbe esserci una famiglia che spiega, insegna, pone dei limiti e alla quale non dovrebbe essere sottratto il dovere, ma anche il privilegio, di costruire l’educazione dei propri figli, mattone dopo mattone.

Vagando nella rete, tenendo bene sotto controllo il tempo che alla mia età è concesso, ho scovato una mamma che ha stilato un personalissimo contratto in 18 punti, da sottoporre e far firmare al figlio undicenne alla consegna del primo smartphone (www.bambinopoli.it).

È un’idea, ognuno avrà la propria linea e il proprio stile, ma è un imperativo al quale sempre più è doveroso non sottrarsi.

Altrimenti, controlli o meno, gli sgamatissimi undicenni arriveranno da soli alla inquietante App Impuni.

 

 

 

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