UN 25 APRILE DI SCUSE AI NOSTRI PADRI

Scusa papà, scusa nonno, scusa zio. Oggi sarebbe la festa in cui dovremmo solo dirvi grazie, perché il 25 aprile in fondo è la festa dei vostri ideali, delle vostre lotte, del vostro martirio, per regalarvi e regalarci la libertà, cioè una vita più bella e più giusta, senza tiranni e psicopatici che decidano cosa gli altri debbano pensare, leggere, studiare, dire, fare, ascoltare.

Se stavolta devono essere più forti le scuse dei grazie è per via di circostanze molto particolari, che improvvisamente ci ripiombano in un clima per niente allegro. Inutile specificare perché.

L’imbarazzo in tanti di noi nasce proprio dal ritrovarci accanto italiani che del 25 aprile hanno un’idea tutta loro, decisamente diversa dalla vostra. Mentre tanta gente – tanti giovani – torna in piazza per gridare grazie, per impegnarsi affinché la vostra guerra giusta non vada sprecata mai, altri di noi utilizzano la data celeste per esibirsi contromano.

Sui social è meglio non andarci, perché lì giornate come questa vengono prese e buttate nella fogna dai partigiani del complottismo ovviamente anonimo, rigorosamente anonimo. Ma anche standone fuori, passando dal finto al reale, da varie parti arriva l’eco degli attivisti più svitati. Ci sono quelli che hanno accompagnato Mattarella nella cerimonia romana con striscioni contro la Nato, forse per precisare bene che se Putin ha sbagliato qualcosa, giusto un pelo, comunque noi occidentali siamo e restiamo delle vere bestie sanguinarie. Così, a branchi contro la Nato, nelle manifestazioni di Milano, Torino, eccetera. E pazienza se proprio oggi, almeno oggi, 25 aprile, sarebbe il caso di lasciar stare la Nato, perché stringi stringi è la grande festa per ricordare come allora, dal ’43 al ’45, l’alleanza aiutò voi, caro papà, caro nonno, caro zio, a portarci fuori dall’abisso nazi-fascista. Niente, questi nuovi partigiani due punto zero usano il 25 aprile contro il 25 aprile, e chiedervi scusa a me pare decisamente il minimo.

Poi c’è lui, il guru putiniano del nostro Senato – sì, è un senatore -, quel Vito Petrocelli che da mesi ottiene fama e ribalta sparando siluri al fianco della Russia, fortunatamente solo a parole, facendo comunque i suoi bei danni collaterali. Anche lui, prevedibile e scontato, in picchiata sul 25 aprile. A certi talenti bastano poche sillabe, giusto un tweet condensato: “Buona festa della liberaZione”, maiuscolando la zeta, perché si noti subito che lui sta dalla parte nobile e santa, quella che ha dovuto prendersi la briga di denazificare l’Ucraina.

Cosa dire: il 25 aprile è sempre riuscito a dividere, inutile nasconderlo. Ma fino ad ora erano sostanzialmente le divisioni di sempre, tra le due o tre Italie di sempre, tra chi vuole attribuirsi i meriti della Liberazione e chi non vuole che se li prenda una parte sola.

Queste no, queste sono voci fuori dal coro che mettono in discussione certi valori e certi punti fermi. Questi sgangherati partigiani di ultimissima generazione, nipotini di Putin, sono qui a dirci proprio oggi che la vostra festa non vale niente, perché oggi la parte giusta non siamo più noi, ma gli altri. E’ un 25 aprile alla rovescia, alternativo, contro natura.

Scusa papà, scusa nonno, scusa zio: mai come stavolta sento il dovere di abbassare lo sguardo, davanti al vostro sacrificio e al vostro sogno. So che non era questa l’Italia per cui avete sputato sangue. Lasciate però che provi a consolarvi con una ruvida considerazione: in definitiva, ascoltando certi italioti che oggi abbaiano alla luna, ho la dimostrazione più stringente della vostra grandezza. La prova definitiva. Ci avete lasciato in eredità una libertà talmente bella, che in tanti sono persino liberi di usarla nel modo più cretino. Sono gli effetti collaterali di tutte le medicine migliori. Ma resta il massimo dei risultati.

Per quanto riguarda loro, andassero a manifestare sotto le finestre di Putin, fuori dall’odiosa Nato, per vedere almeno se notano una qualche differenza.

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