TUTTO SU OMICRON, IL TERRORE CHE TORNA

Il terrore che torna, strisciante e impalpabile come sempre, all’inizio. E di nuovo tutti a chiederci che cosa stia mai arrivando dall’Africa, assieme a questa nuova variante Omicron che sembra terrorizzare gli scienziati prima ancora delle popolazioni.

Per saperne di più, il minimo che attualmente è possibile sapere, proponiamo un articolo serio e completo del “Sole 24 ore”.

Agnese Codignola, “Il Sole 24 Ore”:

Dopo mesi di allarmi inascoltati affinché ci si affrettasse a vaccinare tutti, e non solo chi ha avuto la sorte di nascere in un paese ricco, è successo: Sars-CoV2 ha infettato probabilmente una persona immunodepressa, forse in Sudafrica, dove l’Aids ha ancora dimensioni spaventose e dove le vaccinazioni sono al 35%, o forse in Botswana, dove sono stati segnalati i primi quattro casi a inizio novembre (e le vaccinazioni sono attorno al 25%).

E, in quell’organismo incapace di debellarlo, è mutato, con ogni probabilità per molto tempo, fino ad accumulare oltre 50 mutazioni diverse, e fino a diventare un virus che potrebbe arrecare danni incalcolabili: sanitari, economici, sociali e psicologici, e costringere il mondo a fare molti passi indietro.

Ma perché, tra le tante varianti emerse in quasi due anni di pandemia, la B.1.1.529 (che l’Oms ha battezzato Omicron) sta spaventando così tanto? La risposta è nel numero, nella localizzazione e nella tipologia delle mutazioni, che fanno temere che questa sia la prima variante in grado di compiere la temutissima “escape”, cioè di annullare l’effetto degli anticorpi prodotti dai vaccini.

Infatti, 32 mutazioni sono sulla proteina spike, diventata quindi molto diversa da quella del ceppo originario di Wuhan contro la quale è formulato il vaccino. Inoltre, quattro sono nei siti esatti dove gli anticorpi legano la spike. E ciò significa che gli stessi anticorpi potrebbero essere quasi incapaci di neutralizzare il virus.

Ancora, nella parte della spike che si lega ai recettori Ace2 del corpo umano, ci sono addirittura dieci mutazioni, che rendono il legame più facile: la delta ne ha due.

Spiega Graziano Pesole, ordinario di Biologia molecolare dell’Università di Bari e coordinatore del ramo italiano del progetto di sequenziamento internazionale Elixir, che riunisce 23 centri: «Abbiamo incontrato molte varianti, ognuna in qualche modo “specializzata”, o nella contagiosità o nel dare una malattia più grave o, ancora, nel tentare l’escape. La Omicron sembra avere queste caratteristiche tutte insieme: un quadro mai emerso prima, che potrebbe renderla veramente ostica, contagiosissima e insensibile o quasi ai vaccini, anche se è presto per dirlo».

Per capirlo, occorrerà attendere gli studi in vitro, che molti laboratori stanno facendo per verificare l’effetto sui vaccini, monitorare da vicino la situazione sul campo (in Sudafrica, per ora, ci sono poche migliaia di casi), e fare ciò che si fa ancora troppo poco, in Italia: sequenziare.

Ancora Pesole: «Rispetto ai primi mesi il sequenziamento è più efficiente e fluido, ma è tuttora delegato agli Ircss e agli Istituti zooprofilattici che fanno un grande lavoro, ma che hanno forze limitate».

Nei mesi scorsi si è fatto un gran parlare della rete nazionale per il sequenziamento, infrastruttura laboratoristica e digitale annunciata, che sarebbe stata e sarebbe utile per tutta la medicina, anche una volta passata la pandemia.

Per ora, tuttavia, non ve ne è traccia, e ciascuno va avanti come può, con lo stesso personale e la stessa dotazione informatica di prima, e senza un vero, robusto coordinamento nazionale.

«In ogni caso – conclude Pesole – per fortuna oggi ci sono i vaccini e le aziende hanno sempre affermato di essere in grado di riformularli in poche settimane: BionTech ha detto di poterne formulare uno nuovo, specifico per la Omicron, in cento giorni».

Anche perché vaccini formulati contro un virus così diverso da quello circolante sono destinati comunque a perdere efficacia. E questo, a sua volta, favorisce l’insorgenza di nuove varianti.

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