Tornando al nostro tizio, il suo libro una cosa la dà a intendere senza equivoci: nessuno ci ha mai preso. A posteriori si può rigirar frittate a piacimento, ma di fatto vedere il futuro ci è negato.
E in effetti, chi avrebbe potuto prevedere la nebbia che avvolge questi giorni? Da tanto, tanto tempo ci sentivamo liberi, forti, immuni – guarda un po’ – da stravolgimenti capaci di imbrigliare le nostre abitudini, virtuose o becere che siano. Un attentato qui, un attentato là, un incidente ferroviario, un terremoto, ma a chi non è direttamente coinvolto paiono sempre avvenimenti distanti, seppure drammatici.
Ora stiamo tutti quanti in guardia, nessuno escluso, anche chi vive lontano dai focolai sa che la minaccia può arrivare in qualsiasi momento. Del resto, anche la Cina sembrava lontana.
Sarà meno grave di come la dipinge qualcuno, sarà molto più tragico di come la racconta qualcun altro, nessuno può dirlo. Certo, stiamo affrontando le giornate sprovvisti di attrezzi fisici e mentali adeguati, il nostro DNA aveva rimosso evenienze simili. Troppo comodi da troppo tempo? Forse.
Azzardo però a mia volta una profezia, sapendo che nemmeno io la azzeccherò. Quando la tempesta si sarà placata – se mai si placherà, direbbe un mio amico catastrofista -, tutti avranno avuto ragione, tutti diranno che l’avevano detto che sarebbe andata così, che sarebbe stata una cosa da niente, che sarebbe stata un’ecatombe, che sarebbe stata una cosa grave ma non seria, per citare l’umorista. E tutti via a festeggiare la fine della guerra.
Senza decoro e dignità, di questo sono certo.