Adesso scopriamo che il muro di Berlino ce lo siamo costruiti in casa da soli, in silenzio, paralizzando lombardi e liguri al di là dei rispettivi confini: la viabilità della Serravalle e delle sue ramificazioni verso Levante e Ponente, dopo giorni di collasso, venerdì 3 luglio si è trasformata in un bollettino di guerra. Un incubo che Spielberg non avrebbe saputo sceneggiare meglio (o peggio): caselli chiusi all’improvviso, pedaggi soppressi, cantieri su cantieri che dureranno settimane (molti dei quali senza mezzi né operai che ci lavorino, perché imbottigliati nel traffico), code fino a 20 km. (Arenzano), carreggiate e gallerie strette in una sola corsia, alcune addirittura a senso unico alternato. E ancora: incidenti, carichi persi dai camion, tamponamenti, sit-in di protesta degli automobilisti (Genova Pegli), intasamenti sull’Aurelia. Dulcis in fundo: grandinate e ispezioni. Avete capito bene: ispezioni.
Dopo la propaganda della ricostruzione del ponte Morandi e il resto dei cantieri tutti chiusi durante il lockdown, nonostante gli strali del governatore della Liguria Toti che adesso fa un esposto alla Procura e minaccia denunce al Ministero dei trasporti e al Governo, hanno atteso la monca, claudicante, asfittica apertura della stagione estiva per ispezionare ponti e gallerie, causando altri intralci invalicabili non solo ai turisti, ma anche e soprattutto ai lavoratori. Tutti ostaggi di ripicche legate a rinnovi o revoche delle concessioni autostradali, o all’impudica indecenza dello Stato assente che – con questo scempio sull’asfalto – piccona ulteriormente turismo e attività che cercano faticosamente, disperatamente di salvare il salvabile. Senza aver ricevuto nessun tipo di aiuto e anzi adesso devono fare i conti con le banche, perché gli operatori turistici hanno scoperto che i buoni-vacanze non vengono accettati come depositi sui conti correnti: risultato, molti albergatori liguri sono costretti a rifiutarli, loro malgrado.
Venerdì mattina 3 luglio il 20% dei passeggeri muniti di regolare biglietto non sono riusciti a raggiungere l’aeroporto di Genova. Destinazioni: Napoli e Palermo. Italia insomma. Non va meglio a chi si sposta in treno: i ritardi variano mediamente tra la mezz’ora e l’ora, anche su una tratta relativamente breve come dalle Cinque Terre al capoluogo, parola di passeggero (io), che tra giovedì e sabato è andato e tornato da Milano a Levanto su convogli che hanno rigorosamente rispettato la media dei ritardi.
Viene voglia di fare la rivoluzione e spaccare tutto, ma poi scopri che gli stabilimenti balneari semideserti affittano 2 sdraio e un ombrellone a 50 (cinquanta) euro al giorno, esponendo i cartelli “sold out” per gli stagionali. In modo da carpire 50 euro day by day. Arrivati nella destinazione luxury ligure (una qualsiasi), dopo 5/6 ore di bestemmie per fare 150 chilometri, la rivoluzione si fa prendendo la tintarella tra una nuvola e una trenetta al pesto.
Forse noi italiani questi insulti al buonsenso e questa mancanza di rispetto assoluta, vergognosa e incivile finiamo per meritarcela. Forse. Di sicuro, alla fine la subiamo in silenzio, proni, dopo esserci sfogati insultando dal finestrino un operaio sporco di catrame.