TUTTI IN CODA, E SE CE LO MERITASSIMO?

di LUCA SERAFINI – Ci siamo indignati quando l’Austria e la Svizzera ci hanno chiuso la porta in faccia. Siamo insorti quando la Grecia ha ipotizzato di non accogliere turisti italiani quest’estate. Ho perso la bussola anche io quando la Sardegna stava per vietarsi ai lombardi. E adesso?

Adesso scopriamo che il muro di Berlino ce lo siamo costruiti in casa da soli, in silenzio, paralizzando lombardi e liguri al di là dei rispettivi confini: la viabilità della Serravalle e delle sue ramificazioni verso Levante e Ponente, dopo giorni di collasso, venerdì 3 luglio si è trasformata in un bollettino di guerra. Un incubo che Spielberg non avrebbe saputo sceneggiare meglio (o peggio): caselli chiusi all’improvviso, pedaggi soppressi, cantieri su cantieri che dureranno settimane (molti dei quali senza mezzi né operai che ci lavorino, perché imbottigliati nel traffico), code fino a 20 km. (Arenzano), carreggiate e gallerie strette in una sola corsia, alcune addirittura a senso unico alternato. E ancora: incidenti, carichi persi dai camion, tamponamenti, sit-in di protesta degli automobilisti (Genova Pegli), intasamenti sull’Aurelia. Dulcis in fundo: grandinate e ispezioni. Avete capito bene: ispezioni.

Dopo la propaganda della ricostruzione del ponte Morandi e il resto dei cantieri tutti chiusi durante il lockdown, nonostante gli strali del governatore della Liguria Toti che adesso fa un esposto alla Procura e minaccia denunce al Ministero dei trasporti e al Governo, hanno atteso la monca, claudicante, asfittica apertura della stagione estiva per ispezionare ponti e gallerie, causando altri intralci invalicabili non solo ai turisti, ma anche e soprattutto ai lavoratori. Tutti ostaggi di ripicche legate a rinnovi o revoche delle concessioni autostradali, o all’impudica indecenza dello Stato assente che – con questo scempio sull’asfalto – piccona ulteriormente turismo e attività che cercano faticosamente, disperatamente di salvare il salvabile. Senza aver ricevuto nessun tipo di aiuto e anzi adesso devono fare i conti con le banche, perché gli operatori turistici hanno scoperto che i buoni-vacanze non vengono accettati come depositi sui conti correnti: risultato, molti albergatori liguri sono costretti a rifiutarli, loro malgrado.

Venerdì mattina 3 luglio il 20% dei passeggeri muniti di regolare biglietto non sono riusciti a raggiungere l’aeroporto di Genova. Destinazioni: Napoli e Palermo. Italia insomma. Non va meglio a chi si sposta in treno: i ritardi variano mediamente tra la mezz’ora e l’ora, anche su una tratta relativamente breve come dalle Cinque Terre al capoluogo, parola di passeggero (io), che tra giovedì e sabato è andato e tornato da Milano a Levanto su convogli che hanno rigorosamente rispettato la media dei ritardi.

Viene voglia di fare la rivoluzione e spaccare tutto, ma poi scopri che gli stabilimenti balneari semideserti affittano 2 sdraio e un ombrellone a 50 (cinquanta) euro al giorno, esponendo i cartelli “sold out” per gli stagionali. In modo da carpire 50 euro day by day. Arrivati nella destinazione luxury ligure (una qualsiasi), dopo 5/6 ore di bestemmie per fare 150 chilometri, la rivoluzione si fa prendendo la tintarella tra una nuvola e una trenetta al pesto.

Forse noi italiani questi insulti al buonsenso e questa mancanza di rispetto assoluta, vergognosa e incivile finiamo per meritarcela. Forse. Di sicuro, alla fine la subiamo in silenzio, proni, dopo esserci sfogati insultando dal finestrino un operaio sporco di catrame.

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