TUTTI IN CODA AL BOTTEGHINO DELLA SWIFT, PER SENTITO DIRE

Taylor Swift, cantante trentacinquenne della Pennsylvania, è un fenomeno mondiale che si studia perfino all’università. Prodotto garantito 100% made in USA, è una bellissima ragazza modello barbie che sta sfondando tutti i record non solo di vendite e ascolti, eletta “artista dell’anno” e “persona dell’anno” nel 2023, per citare solo gli ultimi.

Ma la vera notizia è che sembra faccia crescere il PIL solo grazie ai suoi concerti: così dicono i dati economici relativi al secondo trimestre negli Stati Uniti, un miglioramento del +2.4% contro il +2% del precedente periodo e superiore alle previsioni.

Roba da stropicciarsi gli occhi, lo chiamano “Swifteconomics”. Tutto questo per una biondina saltellante sul palco? La tentazione di inserirsi nella corsa alla Casa Bianca potrebbe essere forte, visti i candidati non propriamente in forma all’ultimo duello televisivo. Magari è la sua prossima sfida, niente per lei pare impossibile.

A difendere l’ultimo baluardo sono rimasti solo i Beatles, che conservano il primato del numero di settimane di permanenza al primo posto nella classifica Billboard 200, ma credo sia solo una questione di tempo. Ascoltando le notizie della sua “venuta” in tour allo stadio di San Siro a Milano, il 13 e 14 luglio, l’effetto è già sicuro, il giubileo al confronto è stato un gioco da ragazzi: mezzi di trasporto in fibrillazione, è previsto un piano speciale per aggiungere treni per accogliere masse urlanti che trasmigreranno nel capoluogo lombardo. L’Italia si paralizzerà e non si parlerà d’altro per giorni.

Qualcuno griderà a un piccolo boom dei consumi, si dimenticheranno per qualche giorno i nostri problemi, si dipingerà Taylor come la nuova eroina dei nostri tempi. Averne noi una che ci aiuta a risolvere i problemi del PIL, la metterei subito al lavoro sull’indebitamento pubblico.

Ma, detto fra noi, chi riesce a ricordarsi e canticchiare una sua canzone? Ve ne viene in mente una? A me no, giuro. E dire che non sono a digiuno di musica, né sono un eremita ascetico che non ascolta la radio e tv, anzi. Sarò io un’eccezione, forse il suo genere non mi ha mai colpito? Come faccio a chiamarmi fuori da un tale fenomeno di massa?

Fino a poco fa, il suo cognome mi richiamava più prosaicamente il prodotto che ci aiuta a pulire magicamente le nostre case, anche in questo caso si è creato un neologismo, “swifferare”. Mi sento però isolato e ho perfino paura a esprimere il mio parere con gli altri. Ragiono con voi per solidarietà umana. Mi assalgono grossi dubbi e sospetti, alimentati anche dagli effetti incontrollabili di quel circo massimo che è la comunicazione digitale online. Ho l’impressione che un personaggio del genere, al netto delle sue indubbie qualità, possa essere studiato a tavolino, lanciato e gonfiato dalle più attuali strategie di marketing, che riescono a influenzare efficacemente un’audience trasversale e multinazionale. Chiara Ferragni docet. Altrimenti perché importiamo (impazzendo) così rapidamente una pur brava performer a stelle e strisce? Io scommetto che su una scala più piccola, tanti altri come me proclamano il suo successo senza aver conosciuto bene cosa canti e come. Ci bastano trenta secondi di news nel telegiornale o passaggi veloci su youtube per valutare la sua arte? Troppo poco. Però ci accodiamo al coro del “che brava che bella che famosa che successo”. Possibile paragonare il fattore Swift all’ormai adottata festa di Halloween con tutti i suoi derivati o al Black Friday, purissimo evento di consumismo estremo d’oltreoceano di cui non sentivamo proprio la mancanza? Siamo troppo deboli per respingere modelli che non sono nostri o siamo così perfidamente bravi nell’integrazione quando vogliamo? Siamo respingenti con i migranti, ma molto accoglienti con qualsiasi moda effimera che ci incanta come una sirena?

Domande e riflessioni che è giusto fare, forse dovremmo seguire la ricetta semplice ma intramontabile che ci suggerisce prima di tutto di documentarci, farci un’idea e poi magari correre a comprare il biglietto del concerto come fosse l’ultimo giorno. Oppure stare a casa sereni e ascoltarci la nostra musica preferita, facendocene una ragione.

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