TUTTI CON BERTIN: CICLISTA, MAMMA, MARTIRE

di PIER AUGUSTO STAGI – È una storia straziante, difficile da raccontare. È una storia nella quale i tempi tradizionalmente lenti della giustizia si sommano a quelli altrettanto lenti di certi paesi africani come il Ruanda. È la storia di una donna che correva in bicicletta e ora sogna di poterlo fare di nuovo anche se sa che dentro di lei nulla sarà come prima.

Lei è Bertin Mukarukundo, una ragazza ruandese (è nata nel 1998) che nel 2016 aveva vinto una selezione regionale in sella alla sua bicicletta ed era stata convocata per un raduno a Remera, vicino alla capitale Kigali.

Nella sede del ritiro, Bertin Mukarukundo ha subito abusi sessuali da parte dell’allenatore della squadra Straton Nzabazumutima ed è rimasta incinta. Una gravidanza che la ragazza ha nascosto fin quando ha potuto per per paura di essere licenziata dall’associazione ciclistica e per il timore della reazione della famiglia.

Quando arriva al sesto mese la ragazza non può più nascondersi: «Ho deciso di incontrare Munyenkaka Ancile, la patron della squadra. Le ho parlato di quello che mi era successo e l’ho informata che stavo tornando a casa nel mio villaggio a Gicumbi».

La presidente convoca immediatamente una riunione nel corso della quale Nzabazumutima ammette le sue colpe e firma una confessione: «Accetto di assumermi la piena responsabilità e sono pronto a fornire tutto il supporto necessario alla ragazza rimasta incinta a causa mia», scrive Nzabazumutima  il 20 febbraio 2017, ma queste sono parole destinate a rimanere tali.

Mukarukundo partorisce ma la bimba muore pochi giorni dopo in circostanze misteriose: «La mia bambina stava molto bene, ho iniziato ad allattarla e poi i medici me l’hanno portata via dicendo che piangeva molto. Andavo dov’era ricoverata e la nutrivo ma, due giorni dopo, i medici mi hanno detto che la bambina era morto» ha raccontato Mukarukundo a Taarifa.

La ciclista aggiunge: «Ho informato la direzione della nostra squadra quando la bimba è nata e poi quando è morta, ma non ho ricevuto alcun supporto o aiuto. Sono stata semplicemente ignorata e ho seppellito il mio bambino con un dolore infinito».

La questione è rimasta nascosta fino a quando i giornalisti di Taarifa non se ne sono interessati. Otto mesi fa, una squadra speciale composta da esperti forensi, investigatori sulla scena del crimine e altri funzionari non identificati si è recata per due ore al villaggio di Nyamiyaga: hanno riesumato il corpo della bambina sotto gli occhi dell’intero villaggio portando avanti un’indagine scientifica sulla paternità.

La National Public Prosecution Authority (NPPA) aveva riaperto le indagini sul caso di abuso sessuale in cui un allenatore di ciclismo Nzabazumutima era stato presumibilmente coinvolto anni prima.

«L’allenatore Nzabazumutima Straton è stato arrestato mentre le indagini continuano» ha dichiarato il 15 dicembre 2019 il ministro della Giustizia Johnston Busingye, ma da allora la ragazza non ha saputo più nulla: «Mi fido delle istituzioni ma ci vuole troppo tempo, a me è stato detto di continuare ad aspettare, ma io voglio giustizia, voglio che la mia dignità venga riconosciuta e voglio tornare a pedalare».

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