TROPPA VOGLIA DI DIMENTICARE IL COVID

di GHERARDO MAGRI – Ci vorrebbe una giornata della memoria anche per il Covid. Mi riferisco soprattutto al mondo delle aziende. Lo spunto mi viene dall’ultimo meeting internazionale (rigorosamente su Skype), in cui si sono analizzati i consuntivi del 2020 in confronto agli obiettivi e agli anni passati. La slide che più ricorre in queste riunioni è il grafico lineare suddiviso per periodi, la tipica linea che va su e giù come quella della misurazione della febbre. Esattamente un attimo prima di prendere la parola, quando toccava all’Italia, ho avuto un flash.

Noi dobbiamo essere i custodi della memoria e saper descrivere al meglio ciò che è accaduto in quel particolare contesto e spiegare il perché di certi fenomeni. Non vale solo per il Covid, è una regola fondamentale. Anche se magari non eri un diretto testimone, hai il dovere di conoscere a fondo la verità delle cose. Non puoi permetterti di farfugliare e improvvisare. Sia quando i numeri sono brutti, ma ancora di più quando hai successo. Perché? Cosa c’è dietro a un freddo resoconto? Che decisioni erano state prese? Che alternative sono state considerate? Avevamo valutato tutti i rischi? Ci è andata solo bene per caso oppure … ecc. ecc..

Per pianificare il futuro devi essere il padrone del passato e del presente. In ogni presentazione di business che si rispetti ci vuole un’introduzione che racchiuda la storia da cui provieni e i paletti fondamentali che delimitano la discussione. La conoscenza dei fatti ti dà la sicurezza di sfruttare le esperienze passate e di prevenire errori. Lo puoi fare solo se analizzi, studi, investighi, domandi, solleciti risposte, ti dai da fare per arricchire la tua conoscenza. Difficile e molto dispendioso in termini di tempo, ma decisivo.

Manager senza questa attitudine rimarranno per sempre in superficie e subiranno gli eventi. Destinati a non lasciare il segno, magari bravi a cavalcare dei trend momentanei, ma incapaci di reggere nel medio-lungo termine e sicuramente mai leader.

A gennaio, in piena emergenza Covid, vivo questo imbarazzo. Vedo intorno a me troppi colleghi che vogliono girare subito pagina e dimenticarsi in fretta gli impatti della pandemia. Il budget 2021 viene prima di tutto, ricomincia la giostra dei target, come prima, come se niente fosse successo. Giusto, da un certo punto di vista, perché le aziende devono andare avanti, sbagliato se non ne parliamo più e chiudiamo gli occhi agli effetti collaterali.

Ho ascoltato i resoconti di miei omologhi che quasi si giustificavano per i mancati risultati e promettevano pronti recuperi. Non va bene. Siamo in piena pandemia ancora, la soluzione è piuttosto lontana, è normale che si pianifichi un certo rischio. Le ferite nelle organizzazioni sono profonde, non possiamo sorvolare così. Il modo di lavorare è radicalmente cambiato e le nostre attenzioni devono andare al di là della classica gestione dei risultati, dei nudi numeri. Così però non sembrerebbe, perché l’illusione di un rimbalzo positivo dei mercati, che ha portato a salvare l’anno, potrebbe non durare a lungo. Non servono neanche i tavoli permanenti sul Covid che tuttora sono attivi, vedo che sono perlopiù “tecnici” e concentrati sul far funzionare la macchina operativa.

Io penso che manchi la volontà di fermarci, ricordare e riflettere. Trattare la pandemia per quello che è: un cataclisma che ha cambiato profondamente tutto, da cui non usciremo uguali a prima, ma solo peggiori o migliori. Questo è il vero tema su cui interrogarsi in azienda, per capire come fare per cogliere la seconda opzione.

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