TRA SPALLETTI E IL GIORNALISTA IL CAFONE NON E’ SEMPRE IL GIORNALISTA

Ci saranno sessanta milioni di commissari tecnici, ma crescono a dismisura i maleducati e gli arroganti: i presuntuosi. È un momento così, dove il “non sai chi sono io…”, detto e non, è una costante. È un “sentiment” che si respira nell’aria e che si annida in ognuno di noi. È un vaffa continuo, un esercizio che è indispensabile per rimarcare il proprio potere, il proprio status, la propria propensione al comando. Il vaffa è necessario, se poi è diretto a dei giornalisti è uno spasso assoluto.

Protagonista, ancora una volta e non sarà l’ultima perché è fatto così e va preso il «pacco completo», come scrive oggi Ivan Zazzaroni, è il nostro Luciano Spalletti, il filosofo del calcio che parla un linguaggio oscuro e criptico da erudito di facciata (per chi ne avesse voglia nei giorni scorsi si sono esibiti in materia Maurizio Crosetti e Fabrizio Roncone), che l’altra sera dopo aver dominato la Croazia e aver strameritato la qualificazione con due tiri in porta due ha dato sfoggio della sua buona educazione con due colleghi dei quali tutto si può dire, non che non siano bravi e perbene. Uno è Paolo Condò, firma di Repubblica e opinionista di Sky, l’altro Dario Ricci di Radio 24, che ha l’ardire di chiedere sommessamente di un ipotetico patto con i giocatori per fare la formazione: «Chi racconta le cose di spogliatoio fa male alla nazionale» è la pronta e piccata replica del toscanaccio. «Quanti anni ha lei? 51? Io 65, le mancano ancora 14 anni di pippe per arrivare alla mia esperienza…».

Poco prima aveva risposto piccato ad una domanda non misurata, di più, con la quale Condò chiedeva solo se la squadra non aveva avuto «un eccesso di prudenza». Anche in questa occasione, aveva sbroccato, non capendo minimamente ciò che gli era stato chiesto e rispondendo in malo modo ad un giornalista che non solo è preparatissimo, ma è un concentrato di buone maniere.

Carino, non c’è che dire. Un bel modo di rappresentare il nostro calcio e la nostra Federazione in Europa e nel mondo, proprio un bel modo di dare l’esempio alle nuove generazioni, che se si prendono a cazzotti e si divertono a bullizzare i propri coetanei non possiamo certo portare come esempio Spalletti, che esalta Sinner, ma non capisce quale sia la differenza tra il suo modo di fare e quello del numero uno del tennis mondiale.

Proprio un bel modo di rispettare il lavoro altrui, il lavoro di giornalisti che non hanno certo mancato di rispetto al Ct azzurro, ma hanno solo chiesto spiegazioni di un eventuale patto di spogliatoio e di un eventuale eccesso di prudenza. Avessi detto! Evviva la libertà di stampa. Evviva la disposizione al dialogo. Evviva per la predisposizione di Spalletti alle pippe e a quelle che probabilmente il Ct è costretto a mettere in campo.

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