TORNIAMO A CASA, SULLA LUNA

La presentazione ufficiale dell’equipaggio che orbiterà intorno alla luna a novembre del prossimo anno ci riporta indietro di cinquantaquattro anni. Per la generazione come la mia, che ha avuto la fortuna di assistere in diretta alla sbarco di Armstrong in quella notte magica, è un pieno di nostalgia e di emozioni.

Saranno tre astronauti americani e un’astronauta canadese ad avere il privilegio di tornare lassù così lontano. Sì, perché in tutti questi lunghi anni al massimo siamo andati a 400 chilometri dalla Terra, dove c’è la stazione Iss, più o meno la distanza che c’è tra Milano e Trieste. Abbiamo compiuto migliaia di esperimenti, ottenuto progressi scientifici soprattutto nella conoscenza e favorito la cooperazione internazionale, ma non ci siamo allontanati molto, diciamolo.

Ci sono state le grandi tragedie degli Shuttle Challenger e Columbia che hanno lasciato cicatrici profonde, riportando brutalmente a terra sfrenate ambizioni e facili approcci a una materia che ha bisogno di grandi attenzioni e precauzioni. Ha frenato bruscamente i sogni americani che di lì a poco abbandoneranno il progetto Shuttle senza sostituirlo. I russi, una volta sconfitti nel ’69, si siederanno anch’essi sui loro insuccessi, ma manterranno attive le loro missioni e la storica Sojuz sarà l’unica navetta che porterà avanti e indietro astronauti di tutte le nazionalità. Entra in competizione anche la Cina che innesca una nuova competizione, dando una reale motivazione a stringere i tempi per le nuove missioni. Fino ad arrivare a Elon Musk che aiuterà la Nasa con la sua SpaceX a riportare gli americani in orbita. Lo scenario è completamente diverso, ma dopo anni di tentennamenti è adesso che si riparla seriamente di tornare nello spazio, quello vero a 380.000 chilometri dalla Terra.

Il programma che prende il testimone virtuale dal suo più famoso vecchio parente Apollo si chiama Artemis – nome scelto non a caso, loro sono gemelli nella mitologia greca – che “aprirà la strada all’esplorazione dello spazio profondo offrendo nuove opportunità scientifiche, commerciali e industriali”, come dice la direttrice Wyche. La collaborazione coinvolge ventitré nazioni e l’Europa parteciperà alle edizioni III, IV e V, tornano anche i numeri progressivi così familiari che ci avevano abituato a seguire più facilmente l’evoluzione in corso. Il progetto di medio-lungo periodo è approntare la stazione orbitale permanente Gateway intorno alla luna, sorella della Iss di oggi che gira sopra le nostre teste.

E poi? Sarà la volta della prima colonia umana sul satellite per preparare chissà quando il grande balzo verso il Pianeta Rosso. Non è solo un progetto, è più un sogno, addirittura una speranza per l’intera umanità in cerca di un suo spazio, perché la Terra sarà presto troppo sovraffollata. Io faccio il tifo incondizionato per queste esplorazioni, ormai le uniche e vere che l’Uomo può fare, perché è nella nostra natura andare verso l’ignoto e se siamo arrivati fino a qui è proprio grazie a questo istinto. Adesso tutto si riempie di più grandi contenuti, c’è in ballo la nostra sopravvivenza.

Chiudo gli occhi e ascolto in silenzio dentro di me la voce emozionata di Tito Stagno che litiga con Ruggero Orlando sul momento esatto dell’allunaggio dell’Eagle, rivedo quelle immagini tremolanti in bianco e nero di un uomo che scende da una scaletta e mi godo quel brivido eccitante che potrò ancora rivivere nei prossimi anni. Comincia il conto alla rovescia.

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