di MARIO SCHIANI – Guardare il suo Tg4 era in fondo un piacere proibito. Ci si chiedeva come, ancora una volta, sarebbe riuscito a incanalare il fiume delle notizie nella direzione da lui (anzi: da Lui) preferita.
Emilio Fede ce la faceva sempre, forte di alcuni trucchi infallibili: la risatina, un commento sull’orlo del “fuori onda”, l’ammiccamento alla telecamera, l’oscillazione della testa: tutto un repertorio di spintarelle faziose che alcuni definivano “da guitto” ma che, tutto sommato, non avrebbe sfigurato nel baule di un grande attore.
Armamentario collaudatissimo, che però non è servito a nulla davanti all’inflessibilità dei carabinieri di Napoli. All’ex direttore del tg berlusconiano, gli uomini in divisa hanno contestato l’evasione dagli arresti domiciliari. Stava festeggiando con la moglie in un ristorante: l’occasione, il suo compleanno numero 89. Aveva finito di scontare una detenzione di sette mesi ai domiciliari ma, prima di spingersi a Napoli, spiega l’Ansa, avrebbe dovuto attendere le disposizioni relative ai servizi sociali che dovrà sostenere per quattro anni ancora. “Mi hanno trattato come il peggiore dei delinquenti” si è lamentato.
A 89 anni è difficile pensare a Emilio Fede come al Pericolo Pubblico Numero Uno, ma va detto che l’affidamento stesso ai domiciliari era stato un atto di clemenza. Il Tribunale di Sorveglianza di Milano aveva infatti accolto un’istanza presentata dai suoi difensori. Tenute in considerazione la sua età e le patologie di cui soffre, il Tribunale aveva stabilito che il carcere avrebbe violato “il senso di umanità” e che da detenuto Fede sarebbe stato sottoposto a “un’enorme sofferenza”.
Si voglia credere o meno alla loro fondatezza, i reati per i quali è stato condannato in via definitiva non rappresentano una sciocchezza: 4 anni e 7 mesi per favoreggiamento e induzione alla prostituzione. Sono le conclusioni del famoso processo “Ruby bis”, da lui sempre dimesse con forza: “Chi può credere che io abbia fatto prostituire delle ragazze con Berlusconi? Mi viene da ridere”.
Rideva con più spigliatezza, bisogna dire, quando era sul trono di direttore. La parabola del Tg4 di Emilio Fede coincide con quella del berlusconismo rampante, figlio a sua volta di un edonismo reaganiano trascinato sulla battigia degli anni Novanta. Durante il tg Fede dava l’impressione di essere solo contro tutti: contro i media schierati dall’altra parte, ma anche contro la sua stessa redazione, che non di rado accusava di remargli contro. Servizi che partivano in ritardo, foto sbagliate, notizie troppo indulgenti nei confronti degli avversari. Fede non nascondeva scatti di nervi, rimbrotti, ironie pesanti. Dopo tutto la sua ricetta era semplice, perché mentre al Tg3 servivano il Partito, lui serviva l’Uomo. Anzi, un uomo: Silvio Berlusconi.
E dunque le immagini del leader, che più volte passavano durante il notiziario, erano belle e luminose mentre quelle degli avversari – Prodi, Rutelli, eccetera – sempre distorte e grottesche: bocche spalancate a mostrare le otturazioni, labbra avide, occhi infidi.
Un dedizione assoluta alla causa del Capo, certo, ma si intuiva che il direttore sedeva sull’orlo della sedia, pronto, una volta spenta la telecamera, a scappar via verso serate destinate a continuare ben oltre i titoli di coda. Verso le case da gioco, tanto per cominciare, che lo vedevano ospite assiduo. Di recente si è offerto di “aiutare” il Casinò di Campione d’Italia, ora chiuso perché travolto dal dilagare delle macchinette mangiasoldi: “Ai tempi d’oro ci venivo sempre, mi dispiace che abbia fatto questa fine”. E poi le cene, le feste, la tribuna d’onore di San Siro, gli inviti ad Arcore.
Un mondo di leggerezze e indulgenze reso possibile dalla magnanimità del Capo ma anche frutto di potere e riconoscibilità. Un mondo dove Berlusconi contava più di tutti e gli altri giù a scalare. Fede soggiornava ai piani alti di questo palazzo fatto di influenze e disponibilità. Oggi non è così e sorrisi, ammiccamenti, battute e battutine non funzionano più. Anzi, contano zero. Un numero che, Fede lo sa bene, presto o tardi alla roulette finisce per uscire.