STIAMO RIDUCENDO LA SCUOLA A UN SEXY-FILM ANNI ’60

Se non bazzicassi il mondo della scuola da quasi quarant’anni, leggendo le notizie degli ultimi mesi sull’apparentemente frenetica attività sessuale che pare allignarvi, sarei portato a pensare di vivere nel paradiso del goloso. Signore presidi che si fanno immortalare dai loro studenti con cui hanno un flirt, insegnanti che rimangono gravide di loro alunni e, ultimamente, il simpaticissimo librettino di un professore che, candidamente, confessa di non poter fare a meno di cogliere le pulsioni erotiche delle ragazzine liceali: tutto rimanda a un periodo d’oro della pornografia soft cinematografica, più che alle austere immagini di una scuola reazionaria e proterva.

E sì che a me era sempre sembrato che l’ambiente scolastico fosse una sorta di contraccettivo naturale: la bruttezza delle strutture, unitamente a quella di larga parte del corpo docente, ulteriormente avvilito da outfit ingenerosi e dal grigiore complessivo di aule e segreterie, mi aveva convinto del fatto che, tra i muri di un liceo, fosse oltremodo difficile portare a termine positivamente un corteggiamento.

Certo, quand’ero studente si sussurrava di professori beccati a farsi canne con gli allievi e che, qualche volta, finivano in gloria la serata trasgressiva: qualche docente l’allieva prediletta se l’è poi perfino portata all’altare.

Va da sé che la figura dell’insegnante, se il soggetto non è proprio da buttar via fisicamente, eserciti una sorta di bieca attrazione sulle fanciulle in fiore: un misto di immagine paterna e di incarnazione virile dell’autorità.

Ma qui si esagera: qui parliamo di mature dirigenti che si accompagnano a un ragazzino, facendosi anche trattare da ingenuotte. Parliamo di studentelli cui non pare vero fare un tantino di pratica con l’insegnante, come nella migliore tradizione dei film con la Cassini o con Carmen Villani. E, soprattutto, parliamo di maturi insegnanti che si proclamano sensibili alle vibrazioni delle proprie studentesse.

Premetto che io sono tutto fuorchè un prevostino bacchettone: sono stato con molte donne, a vario titolo, di varie età e, pertanto, non credo di poter essere accusato di perbenismo di maniera. Però, c’è un però: se tu devi educare dei giovani, non te li puoi portare a letto. Questa non è libertà: è una forma succedanea di circonvenzione e plagio.

Ovviamente, il ragazzino è tutto eccitato all’idea di papparsi la professoressa o la preside: nell’atto si coniugano il fascino della milfona, lo sfregio all’autorità costituita, il senso di potere acquisito. Hai voglia!

Il problema non sono i ragazzi, ovviamente: il problema sono gli adulti. Sempre più afflitti da un edonismo patetico: sempre meno consoni al ruolo, sempre meno consci dei propri doveri. E ritorniamo al solito discorso del “vietato vietare”. Anche questa sarabanda di amplessi intergenerazionali è figlia di un completo annullamento delle regole: deriva da una mancanza assoluta di limite, di senso della misura.

Mi piace un diciottenne, scafato e sveglio? Me lo porto a letto: che mi frega? Vietato vietare. Poi, magari, mi giustifico adducendo lacrimevoli storie di solitudine e di abbandoni: in una società assolutoria e distratta come la nostra, fra tre giorni chi se ne ricorderà più?

Intanto, l’immagine della scuola è sempre più sfilacciata: l’educazione è sempre più sullo sfondo. E, sul Titanic che affonda di prua, insegnanti e studenti continuano a ballare, nella totale incoscienza. Sì, insomma, ballare…

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