E sì che a me era sempre sembrato che l’ambiente scolastico fosse una sorta di contraccettivo naturale: la bruttezza delle strutture, unitamente a quella di larga parte del corpo docente, ulteriormente avvilito da outfit ingenerosi e dal grigiore complessivo di aule e segreterie, mi aveva convinto del fatto che, tra i muri di un liceo, fosse oltremodo difficile portare a termine positivamente un corteggiamento.
Certo, quand’ero studente si sussurrava di professori beccati a farsi canne con gli allievi e che, qualche volta, finivano in gloria la serata trasgressiva: qualche docente l’allieva prediletta se l’è poi perfino portata all’altare.
Va da sé che la figura dell’insegnante, se il soggetto non è proprio da buttar via fisicamente, eserciti una sorta di bieca attrazione sulle fanciulle in fiore: un misto di immagine paterna e di incarnazione virile dell’autorità.
Ma qui si esagera: qui parliamo di mature dirigenti che si accompagnano a un ragazzino, facendosi anche trattare da ingenuotte. Parliamo di studentelli cui non pare vero fare un tantino di pratica con l’insegnante, come nella migliore tradizione dei film con la Cassini o con Carmen Villani. E, soprattutto, parliamo di maturi insegnanti che si proclamano sensibili alle vibrazioni delle proprie studentesse.
Premetto che io sono tutto fuorchè un prevostino bacchettone: sono stato con molte donne, a vario titolo, di varie età e, pertanto, non credo di poter essere accusato di perbenismo di maniera. Però, c’è un però: se tu devi educare dei giovani, non te li puoi portare a letto. Questa non è libertà: è una forma succedanea di circonvenzione e plagio.
Ovviamente, il ragazzino è tutto eccitato all’idea di papparsi la professoressa o la preside: nell’atto si coniugano il fascino della milfona, lo sfregio all’autorità costituita, il senso di potere acquisito. Hai voglia!
Il problema non sono i ragazzi, ovviamente: il problema sono gli adulti. Sempre più afflitti da un edonismo patetico: sempre meno consoni al ruolo, sempre meno consci dei propri doveri. E ritorniamo al solito discorso del “vietato vietare”. Anche questa sarabanda di amplessi intergenerazionali è figlia di un completo annullamento delle regole: deriva da una mancanza assoluta di limite, di senso della misura.
Mi piace un diciottenne, scafato e sveglio? Me lo porto a letto: che mi frega? Vietato vietare. Poi, magari, mi giustifico adducendo lacrimevoli storie di solitudine e di abbandoni: in una società assolutoria e distratta come la nostra, fra tre giorni chi se ne ricorderà più?
Intanto, l’immagine della scuola è sempre più sfilacciata: l’educazione è sempre più sullo sfondo. E, sul Titanic che affonda di prua, insegnanti e studenti continuano a ballare, nella totale incoscienza. Sì, insomma, ballare…