STANDING OVATION PER LA ROMA CHE PULISCE

Il mio papà, che domenica 10 aprile avrebbe compiuto 89 anni, era romano da generazioni. Trasferito a metà degli anni ’50 a Milano, non parlava molto il dialetto, se non quando era molto allegro o quando era arrabbiato. Renzo, così si chiamava, era un fanatico degli aforismi, delle metafore e dei proverbi, che spesso inventava in prima persona. Tornava poco e malvolentieri nella Capitale, solo per visitare fratelli e nipoti che amava, ma che più volentieri invitava a Milano. E non si fermava mai più di due giorni nella sua città di origine. Perché? Per due motivi: “Roma è er mejo e er peggio der monno”. Roma è il meglio e il peggio del mondo. “Se dice che l’ospite al terzo giorno puzza come er pesce, quanno vado a Roma dopo dù giorni me pare che puzzo io”.

Il meglio era la città, il peggio era “come i romani trattano la loro città”. La più bella del mondo. Non serviva parlare delle buche, anzi dei crateri nelle strade, o dei trasporti, o della sporcizia: bastava citare il Tevere. Una massa d’acqua marrone dove da ragazzo andava a tuffarsi con gli amici e fare i picnic sulle sponde.

Eppure. Eppure qualcosa è cambiato. Primo: alla fine di gennaio di quest’anno il segretario generale dell’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Erasmo D’Angelis, ha dichiarato che il Tevere è tra i corsi d’acqua meno inquinati del mondo (“Chissà l’artri”, chissà gli altri, avrebbe commentato papà). “Se prendessimo solo il tratto di 56 km di scorrimento da Castel Giubileo alle foci (naturale di Ostia e artificiale di Fiumicino), il Tevere sarebbe il fiume più pulito del mondo, per l’attività di depurazione fatta in 15 anni”.

Non solo. Da molto tempo decine, centinaia di associazioni e volontari sono impegnati ciclicamente nella pulizia dei fondali del fiume romano e proprio in questi ultimi giorni hanno ripreso la loro intensa attività, dopo lo stop dovuto alla pandemia, che alla pulizia delle acque aveva provveduto da sola, fisiologicamente.

In questa notizia, sempre citando papà, c’è il meglio e il peggio non dei romani, ma dell’umanità. I pulitori del Tevere hanno riportato a galla vecchi televisori, biciclette, pneumatici di ogni tipo, computer e mouse, marmitte, lamiere, tonnellate di plastica, reti di letti, mobili, libri, persino sacchetti con scheletri di cuccioli di cani e gatti.

Le sentinelle ambientali hanno svolto un lavoro monumentale, attrezzati e vestiti adeguatamente, per ridurre lo scempio che, è bene dirlo, non è solo dei romani, perché nella Capitale vivono cittadini provenienti da tutta Italia e tutto il mondo.

Oltretutto, i chilometri bonificati sono decine, attraversando campagne e periferie dove sarebbe più giusto parlare genericamente di umanoidi, non di laziali. Comunque non è una questione di anagrafe, ma di senso civico e di civiltà. Per una massa – sottocultura pasoliniana – che ancora non ha capito come un fiume faccia parte della nostra casa, il pianeta dove viviamo, quindi buttarci l’immondizia è come nasconderla sotto al letto o sotto al divano, c’è una (folta) minoranza che rimedia all’ignoranza assassina di questi barbari.

Pulire il Tevere – iniziativa che peraltro, come accennato, dura da anni – è encomiabile, vanno applauditi quelli che vi partecipano. Standing ovation. Ora manca un tassello: evitare che venga sporcato, introducendo telecamere di sorveglianza e punizioni esemplari per chi usa il fiume come discarica personale. Non trovo alcuna differenza tra questi e quelli che buttano un mozzicone per terra o incendiano i boschi: sempre di trogloditi parliamo. Ignoranti assoluti. E siccome la legge non ammette l’ignoranza…

 

 

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