STA A VEDERE CHE IL PROBLEMA NON E’ L’AUDIO DI SILVIO, MA CHI L’HA RIVELATO

Mentre sul quadrante della Storia batte l’ora delle decisioni irrevocabili e presto avremo un governo nuovo di zecca guidato, per la prima volta in Italia, da una donna (e questa sì che è una svolta storica), continua, instancabile, la caccia al “traditore”, alla “manina”, come scrivono i giornali, che ha diffuso i file audio grazie ai quali sappiamo come Silvio Berlusconi la pensa su Putin, Zelensky e compagnia bella.

Indispensabile, eppure probabilmente inutile, sarà ricordare che il pensiero di Berlusconi sul conflitto tra Russia e Ucraina (più propriamente, sull’invasione attuata dalla prima ai danni della seconda) già lo conoscevamo. Il Cavaliere lo aveva confidato a Bruno Vespa: “Putin voleva sostituire il governo di Zelensky con delle persone perbene”. Era il 23 settembre scorso, giusto un mese fa, due giorni prima delle elezioni che hanno consegnato alla coalizione di centrodestra il virtuale impegno a governare il Paese. Le retromarce formali, le dichiarazioni di adesione assoluta e incondizionata all’atlantismo, immediatamente seguite all’uscita televisiva, sono state un passaggio necessario, doveroso, ma ovviamente insufficiente se non palesemente insincero. Conosciamo il Berlusconi pubblico da troppi anni per pensare che avrebbe liquidato del tutto il suo annoso rapporto con Putin senza conservare almeno, come ha fatto, un legame emotivo, ancorché “in sonno”, con il leader russo, cementato dalla convinzione, in lui certamente fortissima, di essere sempre nel giusto e di non sbagliare mai nel giudicare le persone.

Ora però occorre formare un governo che mantenga gli impegni, che si schieri – ancor prima che con l’America e la Nato – contro i regimi autoritari inclini a “bullizzare” i loro stessi cittadini e quelli delle nazioni confinanti. Gli audio di Berlusconi pongono dunque un problema politico preciso che i sorrisi a reti unificate presentati alla stampa da Giorgia Meloni, Matteo Salvini e dallo stesso Silvio Berlusconi sulla soglia dello studio del presidente Mattarella non risolvono del tutto.

E invece il vero problema pare sia scoprire chi ha fatto il delatore. La ragione più “logica”, ovvero la giustificazione più accettabile, è che dietro a questa strana fuga di informazioni ci possa essere un interessante dato politico, ovvero una spaccatura all’interno di Forza Italia tra “falchi” e “colombe”, tra posizioni e interessi contrapposti: in questo caso, svelare l’identità di Audio Profondo sarebbe utile per giudicare in piena consapevolezza lo stato di “salute politica” di una forza appartenente alla maggioranza. Oppure, a scavare ancora più a fondo nei sospetti, si potrebbe arrivare a toccare la superficie dura del complotto. E se lo stesso Silvio, al quale non mancano intelligenza strategica e malizia personale, avesse orchestrato il tutto per spedire un altro siluro a Giorgia Meloni? Per far sapere senza far sapere, per dichiarare senza firmare, per far pressione senza compromettere del tutto l’architettura dell’alleanza?

Al di là di tutte queste considerazioni, che ancora rientrano nell’alveo dell’interesse civile per la vita politica del Paese, sappiamo bene però come la caccia al traditore vada oltre e sia uno sport amatissimo (e non solo da noi italiani). A spingerci alla ricerca è quella stessa curiosità che, davanti all’Ultima Cena di Leonardo, polarizza le pupille verso la figura di Giuda, ci sollecita a cogliere il messaggio del sale rovesciato accanto al suo braccio destro, a immaginare nel suo volto contratto le fattezze del demone che lo spingerà al tradimento, il gesto infame e insieme divino che cambierà la storia dell’umanità.

La curiosità si spiega dunque come un solletico storico, ancestrale. Se vogliamo perfino trascendente. Che però sarebbe esagerato trasferire di peso alle questioni politiche del presente. Abbiamo bisogno, adesso, di un governo che non tradisca noi, non Berlusconi o Meloni, sulle questioni fondamentali, quelle legate ai principi necessari, alle scelte di fondo, ai legami non tanto atlantici quanto universali. Il resto, alla fine, diventerà presto gossip.

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