SPERIAMO CHE GLI UNIVERSITARI NON IMPARINO NIENTE DAL PROF. TARE

E’ talmente invitante, dolce, preciso questo filtrante in area, a difesa completamente scoperta, da sembrare sin troppo facile segnare il gol. Eppure, dopo un’occhiata al guardalinee e la benedizione del VAR, è tutto regolare. La rete è convalidata. Assist come questo Igli Tare, centravanti albanese con trascorsi a Brescia, Bologna e Lazio, adesso direttore sportivo del club biancoceleste, non ne aveva mai fatti nemmeno da giocatore: era un attaccante grezzo e un po’ legnoso, ma intelligente e con grande forza di volontà. Ora, da dirigente, vomita una sentenza così generica e vulnerabile da regalare una replica semplice semplice, un gioco da ragazzi.

Già il contesto da cui è partito il dardo di Igli è singolare: l’Università Luiss di Roma, dove il ds laziale ha tenuto una “lectio”. Lezione, e che lezione! Conclusa con una sentenza buttata lì nel mucchio: “Sono rimaste 4 proprietà familiari, Udinese, Atalanta, Lazio e Napoli. Io sono più per questa gestione, le multinazionali hanno solo interesse commerciale e si perde il bello del calcio: la passione, l’amore. Quei fondi lavorano con gli algoritmi e non vogliono più sapere della storia della squadra e della città. Io sono un fan della vecchia scuola. Cosa manca? Dei dirigenti aziendalisti, per il fatto che la durata dei contratti varia troppo. Prendete me, sono uno dei dirigenti più anziani in attività in serie A, questo è il mio quindicesimo anno alla Lazio. Ho la fortuna di lavorare con una società con una gestione virtuosa. Oggi ci sono società, anche di prima fascia, come Juve, Roma, Milan, Inter, che tecnicamente sono fallite, ma vengono tenute in vita dal fatto che il sistema ne ha bisogno. È molto importante avere nella società una gestione di lungo termine con progetti importanti per vedere il bene della società”.

Prima obiezione. Il sistema di cui parla Tare ha tacitamente eletto, da anni, il suo presidente Claudio Lotito quale grande occulto burattinaio, il quale avrebbe eccome titoli e possibilità per cambiarlo dall’interno, e che invece lo cavalca, lo sfrutta, lo aggira: con una doppia proprietà (Lazio e Salernitana) vietata e poi camuffata, con dei tamponi chiacchierati nei giorni caldi del Covid, con un bonus di 40 anni per pagare le tasse arretrate quando divenne il plenipotenziario del club degli aquilotti.

Seconda obiezione. Le proprietà straniere hanno sin qui salvato, casomai, società sull’orlo del fallimento o in pesantissime difficoltà economiche e finanziarie. Non è il caso della Juventus, da lui citata, che festeggia l’anno prossimo il secolo di proprietà della stirpe Agnelli. Esiste, è vero, l’eccezione Inter che in mano ai cinesi boccheggia assai più che nelle mani bucate di Massimo Moratti, ma più che il sistema è la Guardia di Finanza a chiudere un occhio, uno e mezzo, due, come in molte questioni riguardanti il pallone. Come le Fiamme Gialle fecero ai tempi del closing milanista con il fantomatico Yonghong Li – mai stato proprietario rossonero nemmeno per un minuto -, ma adesso quello step in casa Maldini (come ha fatto Tare a dimenticarsi di Paolo, che non più tardi di 2 anni fa gli offrì un contratto per lavorare insieme?) è stato superato con un lavoro meticoloso, attento, vincente sul campo e nelle casse, portato ad esempio in Europa e – un po’ meno, ovviamente – in Italia. E il Milan è tornato ad essere una società sana e competitiva. Come la Roma, mischiata nella lectio del professore a mo’ di prezzemolo.

Terza obiezione: da febbraio 2022 l’Atalanta è per il 55% americana. Si chieda Tare come ancora possa considerarla a gestione familiare.

Quarta e ultima obiezione. Dov’era Tare quando l’amore viscerale per il calcio, per il pallone, per la maglia, per i tifosi, consentiva agli italianissimi appassionati Zamparini, Spinelli, Gaucci, Preziosi, Cellino, Da Pozzo e De Laurentiis, di essere presidenti e proprietari di uno, due, fino a tre club contemporaneamente in Italia e anche all’estero?

Su una cosa ha ragione, Igli Tare: lavora per una società con una “gestione virtuosa”, come abbiamo spiegato poc’anzi. Forse, la lectio alla Luiss non è finita, riprenderà lunedì, perché così d’acchito sembra decisamente mancare di qualche pezzo.

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