SOPRAVVIVERE SENZA LA FERRARI

di JOHNNY RONCALLI – Come le dive più sfavillanti, incorniciata nell’accecante riquadro che solitamente la restituisce ai telespettatori, illuminata come neanche la madonna, come i fuoriclasse che annunciano la partita d’addio con il meglio del quartiere, dice che farà ancora un Mondiale e poi addio.

Accade dunque l’impensabile, l’impensabile dalla meno indispensabile di tutti: Paola Ferrari, volto storico di Rai Sport, lascia, anzi lascerà. Perché negarsi la luminosa passerella finale?

Già ci manca, anzi ci mancherà, perché diciamocelo, la Ferrari ha segnato un’epoca, negli ultimi anni poi è stata lei il vero bolide italiano, la stella che ogni anno si presenta con una carrozzeria e un design rinnovati, non sempre aerodinamici, ma sempre in pole position, e del resto l’astro è lei, chiunque e nessuno osi offuscare il primo piano e anche il secondo, per non parlar dell’attico.

Scherzo un po’, con l’aspetto, ma tra riflettori in megawatt, gambe accavallate a suscitar gli istinti terra terra e accomodamenti di chirurgica precisione, sposata De Benedetti il che non credo le abbia nuociuto, non è che la signora abbia fatto granché per attenuare l’antipatia che il pubblico dello sport, e del calcio in particolare, le riconosce.

Ci sarebbe anche da rimarcare una certa superficialità nei commenti, certo, non proprio indimenticabili analisi tattiche, del tipo: bella partita, ritmi sostenuti, i padroni di casa attaccano ma gli ospiti agiscono in contropiede.

Poi la lingua, volendo, le lingue, l’approssimazione nei confronti dell’onomastica, dove Hummels diventa homeless, Varane si dà all’ippica e s’inventa Varenne, e via con Mappè fino a Pogball. Ha fatto meglio di Tavecchio e le sue banane e il suo optipobà, dobbiamo ammetterlo, ma lei, così corretta politicamente, mai avrebbe rischiato etniche gaffe.

Col passare degli anni, sempre commenti piatti, sempre un volto nuovo, e in compenso una crescente padronanza del salotto: sarà anche l’inclinazione ad apparire austera vedetta, sarà quel che sarà, ma la perplessità che suscita la Ferrari mi è irrinunciabile, non trovo ammorbidente che la attenui, e sarà anche il fatto che da spettatore pagante, pagante il canone, mi chiedo se proprio non ci sia stato di meglio in questi anni, nei quali ho continuato a chiedermi dove fosse il giornalismo.

Comunque sia, l’Italia è in lacrime, un desolato sconforto serpeggia, qualcuno prevede atti sconsiderati, una nazione intera orfana della sua Ferrari, inimmaginabile.

Tranquilli tutti però, piano coi mortaretti, contrariamente a quel che dice la ritroveremo magari a condurre trasmissioni ponderose, dal varietà alla tribunetta politica, comunque sia in prima serata, il palcoscenico che le si addice dopo anni di sport e sportivi.

Largo ai giovani dice lei, perché qualcuno in Rai le ha probabilmente dato a intendere che è vecchia. Io, piuttosto, sarei per un largo a qualcuno, giovane, stagionato, ben cotto o al sangue non importa, purché sappia quel che dice e come lo dice e che parli come badi, senza accavallare le gambe e senza fare gli occhioni.

Il vero rammarico, universale, è un altro: perché volere a tutti i costi “accompagnare i tifosi italiani fino ai Mondiali del Qatar”? Comprendo l’altruismo, la vocazione all’accudimento, e anche la dipendenza, sua, ma ce l’avremmo fatta da soli.

Un po’ di spaesamento, poi un atlante, un telecomando, alla fine ce l’avremmo fatta davvero e con le nostre gambe.

Niente, non ha capito che tutto quello che poteva fare per noi l’ha già fatto. Purtroppo.

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