Me lo tengo stretto io, Jannik Sinner. Lo sbandiero orgoglioso da tifoso sportivo italiano. Non c’è niente che non mi piaccia di lui già da molti anni, quando – dopo le prime esibizioni – tormentavo al telefono Paolo Bertolucci perché mi spiegasse, mi raccontasse, mi dicesse.
Aveva ragione, Paolo: “Diventerà numero uno al mondo”, perché già conosceva il suo talento, intuiva la crescita e soprattutto pesava la sua forma mentis. Ragazzo educato, di buona famiglia, amato da tutti i suoi avversari in quanto persona, in quanto uomo. A sua volta li rispetta, li batte ammettendo sempre la fatica. I detrattori si aggrappano a qualsiasi cosa: il cognome, la scarsa italianità, la residenza a Montecarlo, le mancate partecipazioni a 2 Olimpiadi e alla Davis prima di vincerla, adesso il doping e persino la fidanzata Anna Kalinskaja, la quale prima stava con quel gentiluomo del tennista Nick Kyrgios che non a caso sta massacrando Sinner, è diventato il suo nemico giurato numero uno (numero uno almeno in questo, per il resto essendo sparito dai circuiti). Di poche ore prima di questa finale US Open una foto della Kalinskaja postata da Kyrgios, con l’elegantissima didascalia: “Second serve”, roba che nemmeno in un trani di periferia.
La perfezione non è di questo mondo, l’unico perfetto della storia è finito crocefisso, ma io me lo tengo stretto Sinner, esempio di abnegazione e crescita, costanza e mentalità, forza fisica e cerebrale fuori dal comune, impermeabile alle cattiverie, alle critiche, alle insinuazioni, alle calunnie. Avrà pure i suoi difetti, ma io non lo conosco, lo sento solo raccontare e lo vedo, lo vivo, lo tifo quando è in campo. Basta. Del resto chissenefrega.
Nessun regalo nel cammino trionfale agli US Open, nessun avversario che non lo abbia costretto a faticare. Compreso il padrone di casa Fritz, in finale, davanti a una foltissima platea rispettosa e composta che si concede solo qualche “iu-es-ei” corale, un po’ di caos a metà del terzo quando l’americano pareva rinvenire. Ogni palla, ogni game, ogni set è costato sudore, quando è sembrato in difficoltà o quando ha messo le marce alte ed è volato via. Per tutto il torneo, per tutto questo magico 2024 che ha portato Jannik sopra tutti, davanti a tutti.
Ma anche e soprattutto quando vola via prima della finale me lo tengo stretto, con il filo di un aquilone, perché Sinner è un fuoriclasse di stile, lucidità, compostezza, umiltà. Oltre a tutto il resto.