Da utilizzatore del mezzo per i miei quotidiani spostamenti, ho immediatamente recepito con grande entusiasmo le informazioni, augurandomi che la tragedia di Covid-19 in cui siamo sprofondati offrisse davvero l’opportunità di entrare in una nuova fase. Erano ancora le settimane dei flash mob spontanei, dei concerti e dei canti improvvisati dai balconi, dei cartelli “Ce la faremo, andrà tutto bene!”, dei proclami: “Ne usciremo migliori”. Era anche il periodo delle affissioni “C’è la faremo”, e già quel banale errore grammaticale (voluto dicono) doveva indurci a tenere a freno l’ottimismo!
Con il passare delle settimane quello spirito si è perduto, tanti episodi ci indicano che probabilmente ce la faremo ma non ne usciremo migliori di prima, speriamo almeno non peggiori. La politica ha un gran daffare nel tentativo di tirare fuori il Paese dalle sabbie mobili; l’Europa continua ad essere un concetto astratto dove ognuno pensa ai fatti propri; la disinformazione dilaga, molti politici ci sguazzano inondando la rete di slogan indirizzati alla pancia dei cittadini, alimentandone i sentimenti più beceri ed allontanano sempre di più i moltissimi che cercano disperatamente qualcuno che sappia parlare al loro cervello.
Tra le tante iniziative pensate per risollevare il Bel Paese ce ne sono alcune che riguardano la bicicletta, sembra se ne sia riscoperto il valore e l’utilità. Si stanziano risorse per l’acquisto e si consente alle amministrazioni locali di sbloccare fondi per la realizzazione di piste ciclabili. Vuoi vedere che è la volta buona? Annunci di viabilità rivoluzionata, anche in grandi e caotiche città: Roma, Milano, Torino.
Dal 18 maggio, inforcando la mia bicicletta ho percepito immediatamente che le cose stavano tornando ad una normalità modificata, infatti il traffico è decisamente aumentato: “Bello”, ho pensato, “piano piano la nuova normalità”.
Nuova normalità che purtroppo non si discosta dalla vecchia; noto infatti la consueta incazzatura sbirciando dentro gli abitacoli, molti continuano a parcheggiare proprio come facevano prima sulla ciclabile, glielo fai notare e ti rispondono: “5 minuti e vado”. Se invece va male ti mandano a quel paese!
Gli attraversamenti stradali continuano a essere la roulette russa che conoscevamo prima, sui tratti ciclopedonali si litiga in continuazione tra cicli e pedoni, ecc. ecc.
“Sì, meglio non abbassare la guardia” mi sono detto, occhi aperti e riflessi pronti. Dalle mie parti nessuna rivoluzione per ora, siamo comunque già ben attrezzati con le piste ciclabili; spesso pensate male, strutturate malissimo ed utilizzate peggio.
Mi è capitato perciò di rivolgere il pensiero ai nuovi fruitori, ai molti che hanno preso d’assalto i negozi per comprare la bici nuova o hanno rispolverato dal garage la vecchia, che con entusiasmo si lanciano nella nuova era green, convinti dalle campagne dei loro sindaci che esortano ad utilizzare la bicicletta per spostarsi in città e si ritrovano la loro bella “linea gialla riservata”. Per esempio in Corso Buenos Aires a Milano, con auto che sbucano da ogni lato, con parcheggio selvaggio tra le nuove linee gialle e le 4 frecce accese, con l’automobilista imprudente che non si ferma per darti la precedenza, con il distratto che apre la portiera mentre stai sopraggiungendo e le decine di altri pericoli ed ostacoli che io conosco bene, ma che questi neo fruitori non conoscono affatto.
Quelli che ne usciranno sani, dopo un paio di settimane al massimo rimetteranno la bicicletta in garage, e dopo qualche mese proveranno anche a venderla.
Cari amministratori delle nostre città, grandi e piccole, vi mettete nella testa una volta per tutte che una sana e vera rivoluzione parte dagli investimenti in infrastrutture? Non in pennelli colorati per tirare due righe gialle parallele!
La svolta verso la civiltà parte dal tornare a insegnare l’educazione civica e l’educazione stradale nelle scuole e poi, solo poi, dall’incentivare l’utilizzo della bicicletta.
Così facendo, invece, continuerete a riempire i pronti soccorso di feriti ed i cimiteri di vittime della vostra non conoscenza, o incoscienza. O forse è solo ignoranza?
Egregio Campione del Ciclismo Silvio MARTINELLO ,
il titolo onorifico, peraltro ampiamente meritato, è d’obbligo per tentare di “commentare” la sua riflessione.
Intelligente, ponderata, chiara, inequivoca. Detto così, sta a significare che nulla vi è da aggiungere, e men che mai da togliere.
Condivisione totale.
Peraltro ricordo che sulla “razionalità” ed “adeguatezza” delle piste che si vorrebbero ciclabili, cioè riservate a chi utilizza la bicicletta (per i fatti suoi, non è questo il punto) , qualche tempo fa scrisse per Tuttobiciweb un pezzo dei suoi tale GATTI dott. CRISTIANO, un altro pezzo forte , anzi fortissimo , della premiata ditta di “Altropensiero” .
Se la memoria non m’inganna , nei riguardi delle menti illuminate che hanno “studiato” certe cd. Ciclabili il dott. Gatti aveva più o meno la stessa benevola considerazione che il mio dobermann riserva al gatto del vicino. Banale, magari, ma rende l’idea.
Ora, un Uomo con un cervello ben funzionante e , non ultimo, con la schiena diritta come il Campione Silvio MARTINELLO , senza tanti ed inutili giri di parole ad alcuni “ideatori” delle …due righe gialle parallele, che pare svolgano incidentalmente anche funzioni di “amministratori” della cosa pubblica , riserva la qualifica, ovviamente in puro senso etimologico, di ignoranti.
Se si vuole, è comunque un titolo anche quello di ignorante.
Visto che poi lo attribuisce uno che con pieno merito si fregia di allori olimpici e maglie iridate su quelle che , almeno finora, sono rimaste le uniche PISTE ad usum bicicletta , c’è da crederci .
Senza se e senza ma. Con fede incrollabile e stima assoluta.
Cordialmente.
FIORENZO ALESSI
Caro Martinello, concordo al 100/100 con quanto scrivi. La pista ciclabile non è solo un segno per terra. E’ una questione di formazione, cultura, educazione e rispetto; in primis rispetto per gli altri, per chi per le ragioni più disparate, adopera questo “strano” mezzo a due ruote. Muovendosi un poco di più, risparmiando, non inquinando, snellendo il traffico. Migliorando la qualità del mondo in cui viviamo. Purtroppo presto o tardi interverrà il WWF a proteggere il ciclista come specie ormai in via di estinzione. E allora saremo sicuri che si sta avvicinando la fine del mondo…
Come non essere d accordo con Martinello. Se si vuole capire come funzionano i percorsi ciclopedonali e il rispetto che l automobilista ha per chi ne usufruisce, sarebbe sufficiente recarsi nella vicina Austria. Avere l umiltà di imparare da chi le cose le sa fare, perché da decenni utilizza queste politiche sarebbe bello, invece accade come descritto nell articolo, un po’ di righe gialle e dire:”abbiamo le piste ciclabili”….. Non funziona così purtroppo.