SI SENTIVA LA MANCANZA DELLA RAGGI PUTINIANA

Partiamo dal fondo, dal fondo del barile. Un pensiero, un’opinione di Virginia Raggi in generale contano poco o nulla, sono irrilevanti insomma.

Un pensiero, un’opinione di Virginia raggi sull’invasione russa dell’Ucraina suona a priori ancora più irrilevante, se possibile. E infatti.

“Non si tratta di essere pro o contro la Russia, ma di essere neutrali e fare gli interessi dei cittadini Ue”. Uno stralcio e subito la mestizia è irrefrenabile. Ci dice poi della bulimia espansiva della Ue, “che smania per allargare la sua influenza verso est a costo di prendere sottobraccio un’impresentabile Ucraina, una Ue decisa a fare la guerra commerciale alla Russia anche a costo di imporle sanzioni che danneggiano le economie degli Stati membri, Italia compresa”.

E a quel paese (quale?) i morti, i profughi, i bambini (vivi e morti), a quel paese (sempre lo stesso, ma quale?) la popolazione in fuga, le città bombardate, le migliaia e migliaia di civili morti. La Raggi è convinta che l’Ucraina sia un Paese fantoccio come chi la governa, ossia il governo fantoccio medesimo che a sua volta pilota “battaglioni nazisti”. Nemmeno serve la traduzione, sono il pensiero e la tesi che Putin ha addotto a giustificazione per la sua operazione speciale, come probabilmente anche la Raggi la chiamerebbe, infischiandosene del massacro e della devastazione in corso.

Manca solo ci dica che Putin finora ha colpito solo obiettivi militari e che tutto il resto è una messinscena, del resto qualcuno l’ha già fatto (vedi i giornalisti russi ospiti di trasmissioni italiane, vedi Alexey Bobrovsky).

Ma chi se ne importa, il pensiero raggiano si muove un passo a destra e due in avanti, ma anche un passo a sinistra se serve, beninteso, la mossa del cavallo che vorrebbe stupire, ma in realtà deprime.

Per un momento abbiamo creduto che la sua sponda fosse davvero incline a spalleggiare la giustizia e i più deboli, solo per un momento. Ora, inarrestabile come il pupazzo a molla che schizza fuori dalla scatola, emergono il liberismo e l’egoismo sfrenati che in fondo, in retrospettiva, giustificano e spiegano il tanto vituperato sodalizio con la Lega ai tempi del Conte 1: ma sì, chi se ne frega di quei disgraziati che muoiono, fuggono, e poi ancora muoiono in Ucraina. Noi abbiamo da portare avanti le nostre riforme e dobbiamo pensare al buon funzionamento del nostro Paese, abbiamo già abbastanza emergenze nostrane, altro che occuparci di quelli là.

Emergenze nostrane, esatto: l’emergenza rifiuti a Roma, ad esempio, ammirevolmente risolta una volta per tutte proprio dalla giunta Raggi. Come no.

No, non me la prendo con i cinque stelle, non più che con gli altri ad ogni modo, anche se una strana sindrome si sta impadronendo di chi ha occupato cariche istituzionali fuori dalla propria fortezza pentastellata, e mi riferisco a Conte e alla Raggi in prima istanza. Una volta liberi sono diventati più assertivi, più solenni, anche più austeri e supponenti, all’improvviso ci ritroviamo con un presidente del consiglio e una sindaca in meno e due insospettabili statisti e segretari di Stato. Quanto poco li avevamo compresi.

Ora però è il giorno della Raggi, non più sindaca ma comunque saldamente in poltrona, garante nazionale del Movimento cinque stelle e presidente della commissione Expo 2030, nientemeno, in virtù degli accordi di palazzo ai tempi delle elezioni comunali a Roma. Vedi un po’ la casta com’è infida, più la insulti e più ti corteggia e poi come fai a dirle no?

Una cosa però non è cambiata per quanto riguarda la Raggi, poltrona o non poltrona, e qui sta la sua indiscutibile coerenza: irrilevante era, irrilevante resta.

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