Dunque, ecco la vicenda: la dirigente del liceo Fogazzaro, di Vicenza, che di nome fa Puleo Maria Rosa, ad onta dei suoi trascorsi da femminista, qualche giorno fa ha criticato il vestiario, evidentemente succinto e un tantino agostano, di alcune studentesse. Nel farlo, però, ha tirato in ballo qualche difettuccio fisico, che, secondo lei, sarebbe stato meglio coprire che mostrare. Queste parole sono state giudicate “inaccettabili” da molti studenti, che hanno inscenato una pacifica protesta fuori da scuola. Dapprima, forse memore dei tempi gloriosi in cui le streghe erano tornate e a noi tremavano le vene ai polsi, la dirigente ha rincarato la dose: arroganti e bugiardi, questi ragazzi. Poi, però, vista l’anda, ha fatto retromarsch e, adesso, si scusa e si sente davvero addolorata e pentita. Intanto, un bidello entra coi tarallucci e il vinsanto, a sancire la pace.
Insomma, il repertorio a base di “inaccettabile”, “irricevibile” e “offensivo”, ha trionfato, insieme alla libertà individuale di vestirsi un po’ come ti gira. Il che, rispetto alla novità di poter scegliere il proprio sesso in base all’umore, ci pare un diritto naturale indefettibile. Dunque, nessun “dress code” per la scuola: i tempi in cui si andava in quarta ginnasio vestiti come becchini o come governanti inglesi è tramontato per sempre.
A me, francamente, che una tipa vada a scuola in armatura o vestita da lezione di Zumba frega men che zero. Affari loro: una volta che non confondono Pizarro con Picasso, per me va bene. Quello che mi colpisce è questa figura di dirigente scolastica: una ex femminista che abdica dai propri ideali per dedicarsi al bodyshaming, che affronta a muso duro gli studenti e che, come nella migliore tradizione italica, percepita la mala parata o, peggio, dietro suggerimento altolocato, si rimangia tutto e dà la colpa delle sue parole, un filo eccessive, a una piena sentimentale, al suo animo ribelle e romantico.
Alla faccia del manager: qui siamo in pieno Fogazzaro, altro che nella scuola del terzo millennio! E, di nuovo, si torna al tema dell’inadeguatezza: non perché un dirigente si rivolga in modo un po’ inurbano a delle studentesse che, probabilmente, avevano esagerato (perlomeno di fronte al buon gusto, se non a termini regolamentari) quanto ad abiti succinti, ma perché mostri di affrontare certe questioni in maniera umorale, sentimentale, passionale. Insomma, male.
A noi non servono femministe pentite o spacciatori convertiti alla legalità: ci servono persone serie e calme, che mantengano il sangue freddo, sia nella pratica che nella grammatica. E la signora Puleo Maria Rosa, su questa versante, ci è parsa penosamente ondivaga. Forse ha ragione lei, quando, in un’intervista, dice che potrebbe essere tempo di andare in pensione. Salvo cambiare idea, come cambia il vento.