SETTEMBRE, UN LUNEDI’ EXTRALARGE

di MICAELA UCCHIELLI  (psicologa e psicoterapeuta) – Nella cornice della mia Pesaro, seduta ad una colazione vista mare con l’amico di sempre, Luca Serafini, mi perdo in una chiacchierata sommaria sull’estate, sulla vita, sulla scrittura, passione comune questa, nuovo amore per me, matrimonio solido e duraturo per lui.

Si dovrebbe scrivere della tristezza da rientro, suggerisce Luca, della difficoltà di riprendere la quotidianità dopo un’estate particolare, come quella appena trascorsa. Come si torna in città? Qual è l’orizzonte che possiamo immaginare? Che ne sarà di noi? E che ne è del virus il quale, benchè più silenzioso, non prepara ancora le valigie per partire?

Nei mesi di un’estate, cominciata in ritardo, abbiamo in molti abbassato le mascherine per respirare un ritorno alle cose della vita, ad una normalità che, di fatto, non esiste ma di cui abbiamo sentito urgenza e necessità.

Qualcuno la mascherina se l’è messa sugli occhi, è circolato un bisogno diffuso di illusioni, di una pausa dalla pausa, cui le nostre vite sono state costrette durante il lock-down.

Questo abbassare le mascherine e la guardia ha avuto degli effetti che sono sotto gli occhi di tutti noi, ma io non credo troppo nell’utilità delle prediche e dei richiami al senso di responsabilità, spesso non meno contraddittori di certi decreti e linee guida.

La verità è che non possiamo fare affidamento sul buon senso delle persone, per la semplice ragione che non siamo un popolo virtuoso a lunga scadenza. Il sacrificio, che pure il nevrotico ama profondamente, porta sempre con sé l’altro lato della medaglia, la trasgressione.

L’umanità è più viziosa che virtuosa.

Questa estate di illusioni e contraddizioni, che ci invita a fare feste ma senza musica, che offre bonus vacanze ma poi ci colpevolizza perché andiamo in giro ad ammalarci, che apre le discoteche e dopo si sorprende che siano affollate, ci confonde quanto lo tsunami che ci ha travolti nei mesi scorsi.

Diciamolo che non sappiamo dove andare, che annaspiamo, che facciamo tentativi, a volte riusciti, altri meno, di far fronte al grande imprevisto che il Covid ha rappresentato per l’umanità, tutta.

Penso allora, caro Luca, che quella tristezza da rientro su cui riflettevamo, sia piuttosto più simile ad uno spaesamento, difficile quanto ripartire da un’oasi verso il deserto aperto, buttati in un viaggio di cui non conosciamo la destinazione.

Ho sempre pensato a Settembre come ad un lunedì. Tempo di ricominciamenti e buoni propositi, angosciante ma rassicurante, con quelle scadenze che fanno da limite e contorno all’esistenza. Ma questo che cominciamo adesso somiglia più ad un vivere giorno per giorno, ad uno stare a vedere come va a finire, come nelle favole.

Me ne viene in mente una e immagino molti di noi come Pinocchio e Lucignolo, costretti ad assumersi le conseguenze della permanenza nei paese dei balocchi. Ancora un po’ ebbri, confusi e sicuramente, complice la chiusura delle scuole, anche più somari. Altri, più virtuosi, come Geppetto, sono rimasti fintamente al sicuro, nella pancia della balena.

Sai Luca, credo che alla fine siamo, un po’ tutti, dei sopravvissuti al mare, abbandonati dalla fata turchina e costretti a cavarsela, ciascuno a suo modo.

E che – Pinocchio, Lucignolo o Geppetto -, esausti per gli eccessi o per il sacrificio, possiamo affrontare questo Settembre solo con la bussola di una vita vera che resiste alle onde. E allora forse, più che di tristezza, dovremmo parlare di bellezza da rientro.

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