di JOHNNY RONCALLI – Baglioni fa i settanta, e auguri. Ne ha suonate e cantate un bel po’, se non proprio di tutti i colori, ma per il sottoscritto, comunque lo rigiri, Baglioni è e rimarrà sempre quella cosa lì: quella sua maglietta fina/tanto stretta al punto che/mi immaginavo tutto. Punto.
Era il 1972, io c’ero ma dormivo, o almeno dormivano i miei ormoni. Nel giro di qualche anno si sarebbero svegliati e anche un decennio più tardi il 45 giri più venduto della storia della musica italiana ancora impazzava. Ancora impazza a dire il vero e sarebbe “Questo piccolo grande amore”.
Credo che quella maglietta fina in fondo abbia contribuito al risveglio degli ormoni, miei e non solo miei, e devo dare atto all’autore che per portare a termine l’impresa non ricorse a volgarità, o trappate che van per la maggiore di questi tempi, bastò un attillato pezzo di stoffa, forse cotone, forse mistoterital, che importa. Bastò un’allusione a risvegliare l’impero dei sensi.
Baglioni non è che mi sia mai piaciuto e mai l’ho seguito musicalmente, qualche titolo lo ricordo, sì, “E tu come stai”, “Strada facendo”, non i più significativi magari mi faranno notare gli appassionati, piuttosto lo ricordo in TV, con il triste Fazio nel programma “Anima mia”, a rievocare gli anni Settanta con disponibilità e ironia che non immaginavo.
C’era e c’è Baglioni, ecco, questo sì, e sono cinquant’anni che la gente lo premia, acquistando i suoi dischi, frequentando i suoi concerti, soprattutto cantando le sue canzoni, non è che si possa ignorare il coro popolare, del quale poi tutti facciamo parte, volenti o nolenti, anche i più stonati.
In retrospettiva, in particolare in quegli anni Settanta, Baglioni fu un’anomalia, anche se non la sola. Erano anni incazzati, di impegno politico, di qua o di là, non schierarsi era impensabile e dove non ti schieravi tu ci pensavano i militanti a incasellarti. Tu a sinistra, di qua, tu a destra, di là. Magari tu parlavi di fiumi azzurri e colline e praterie e senza accorgertene finivi a destra. Bastava metterci una locomotiva e finivi a sinistra.
Era un peccato mortale star leggeri a poetar d’amori lontani, e questo, a mio modo di veder, rimane invece un peccato mortale di quella generazione. Quindi, a ben vedere, Baglioni e i disimpegnati melodici in fondo mi sono simpatici anche solo per questo, perché, ne sono certo, disimpegnati in realtà non lo erano, ma poter decidere di parlar di cieli blu e cuori infranti e non di sassaiole contro le vetrine credo fosse un diritto inviolabile e non una colpa a prescindere.
Poi, musicalmente Baglioni continuerà a non appassionarmi, ma a distanza di mezzo secolo, quella maglietta fina così stretta è rimasta incollata anche ai nostri pensieri.
Sempre che qualcuno non provveda alla cancellazione del testo, per qualche insondabile, politicamente corretto motivo.