E lo dice chiaramente anche lui, Zelensky: la «Berlinale ha fatto una scelta». «Ci sono migliaia di chilometri tra di noi, ma siamo fianco a fianco, non c’è un muro tra di noi», ha spiegato.
«Wim Wenders abbatté il muro di Berlino prima che cadesse, con gli angeli di “Il cielo sopra Berlino” – ha proseguito il leader ucraino -, mentre oggi la Russia vuole costruire un muro in Ucraina, tra noi e l’Europa».
Tra il pubblico c’era anche il vice-cancelliere e ministro tedesco dell’Economia, Robert Habeck – fa sapere con una nota l’Ansa -, così come la ministra dell’Interno, Nancy Faeser. Zelensky è apparso dopo un’introduzione dell’attore e regista Sean Penn, la cui opera “Superpower” – fuori concorso al festival – racconta la guerra in Ucraina e l’esperienza dello stesso presidente. Zelensky ha detto che «dove prima a Berlino c’era un muro e il vuoto, ora la vita cresce». Secondo il presidente ucraino, cultura e cinema non possono stare fuori dalla politica quando ci sono «crimini di massa, omicidi, terrore, il desiderio di distruggere altre culture». Il presidente ucraino ha poi ringraziato la Berlinale per il sostegno, che «non è una formalità», e perché ha scelto di rappresentare quest’anno la spilla con l’orso della manifestazione con i colori dell’Ucraina.
Tutto questo ha potuto dirlo lui di persona personalmente, Zelensky il presidente, in una diretta in prima serata, e non a orari antidiluviani. È chiaro che noi italiani siamo più avanti di tutti, e i tedeschi i soliti banali e prevedibili crucchi. Come non capire che noi italiani abbiamo creato l’effetto attesa, che tanto piace e funziona. Noi siamo riusciti a riempire la notte con parole che parevano note: ma per questo era sufficiente ascoltare la bella canzone di Tananai, che per sbaglio ha cantato prima della mezzanotte.