SE QUESTO E’ UN VIGILE

Aveva ragione il filosofo a uscirne pazzo. Le parole fuggono e fan quel che vogliono, come fai a governarle, magari io dico ebrei ma intendo altro. Che ne sapete?

Questo deve aver pensato il vicecapo dei vigili di Seregno, dopo aver scritto sul social di turno “milanisti ebrei” e dopo aver specificato con fiera risolutezza, visto l’imbarazzo circonfuso, “non c’entra l’antisemitismo, è dispregiativo sinonimo di persone poco affidabili. Ho usato un linguaggio da ultrà”.

Perfetto, ora è decisamente più chiaro e comprensibile e leva dal campo ogni dubbio. Razzista è chi il razzista fa, chi lo spiega a Massimo Vergani, indegno rappresentante delle forze dell’ordine e del Paese.

La cosa più inquietante, tra tutte, è sempre la medesima: l’ostinazione e la presunzione di poter spiegare il malinteso, come se esistesse un imprendibile vocabolario che noi poveri beoti non possiamo comprendere perché fuori dalla nicchia. Come se ci venisse chiesto di stare alla larga, come se con supponenza ci venisse fatta notare l’ignoranza, la scarsa padronanza del gergo esoterico e codificato.

Poi peggio ancora, la protervia nel volerci dare a intendere che non è come pensiamo, che non intendeva dire quello che ha detto, non letteralmente. Non capiamo mai bene, siamo degli inguaribili zucconi.

Che si deve dire oltre, che la divisa e il pubblico incarico dovrebbero imbarazzare oltre misura? Che un pubblico ufficiale dovrebbe dare il buon esempio e nemmeno avvicinarsi a simili baratri, rappresentando bene o male lo Stato sovrano? Che quanto meno dovrebbe provare estremo imbarazzo, chiedere scusa e correre a nascondersi anziché abbozzare spiegazioni sconcertanti?

Si dovrebbe, ma bisognerebbe innanzitutto non essere antisemiti. Letteralmente.

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