SE ORMAI ALL’ORATORIO NON C’E’ IL CURATO MA BOBO VIERI

L’hanno enfaticamente battezzato “Entertainment Hub”, il centro del divertimento. L’hanno definito un “oratorio digitale”. L’hanno aperto nel cuore dell'”Isola” a Milano, 700 metri quadrati su 2 piani, 24 postazioni pc per i giochi, 9 simulatori di racing di nuova generazione, 6 Playstation 5 con schermi dedicati. Loro sono Bobo Vieri e Bernardo Corradi, da ex bomber a influencer di grido, opinionisti star del canale web “BoboTv” (la nuova sede si trasferirà nel palazzo dei giochi), ora imprenditori insieme con le mogli Elena Santarelli e Costanza Caracciolo.

Uno spazio interamente dedicato ai giochi. Premesso che le fondamenta e l’indirizzo dell’oratorio voluti da Don Bosco e l’attività che vi si svolgeva, erano ispirate alla catechesi (dettaglio che sarà sfuggito a Corradi, ma immagino anche ai critici), per il resto… sì, confermo, una volta c’erano gli oratori: scivoli, altalene, giostre, campetto di calcio in terra battuta e da basket in cemento, sala flipper, calcio balilla, pingpong, bar con le rotelle di liquerizia che andavano a ruba. La domenica, il cinema. C’erano preti e educatori, ora ci sono Vieri e Corradi in compagnia di un posturologo che spiega come posizionarsi correttamente per evitare mal di schiena, oltre a una nutrizionista. Li avessi avuti io, un posturologo e una nutrizionista all’oratorio insieme con il sacerdote, oggi forse sarei un buon cristiano con il fisico di Bobo e Bernardo. Condizioni imposte ai frequentatori: regole e disciplina. E se non vai bene a scuola, se hai brutti voti, non puoi entrare. Pagelle certificate.

Insorge, a questo punto, quella nutrita fetta di perbenisti random che punta l’entertainment hub “più innovativo d’Europa”, come lo classifica Vieri. Dicono gli oppositori sia diseducativo, che rimbambisca i fanciulli. “Un luogo di aggregazione, formazione e intrattenimento”, rispondono gli ex calciatori.

Frequento case di amici e parenti che hanno figli. Bambini e bambine, adolescenti, ragazzi e ragazze. Salvo un paio di tombole natalizie, li vedo regolarmente incollati allo schermo, grande per i cartoni animati, smart per giochi e tutto quel molto altro che il web offre scientemente alla loro fascia di età. Frequento società e scuole calcio dove le iscrizioni sono in costante erosione. Frequento il mondo. E il mio mondo è passato dal pallone nella polvere (o tra le pietre) e nel fango alla Playstation; dalle giostre, gli scivoli e le altalene, al basket e al volley sul cemento, fino ai preistorici videogiochi. Mario Bros, Tetris, quegli adorabili Pac-Man che divoravano le ciliegie e si sbranavano tra loro…

Piano piano oratori, campi di terra e di cemento, bar e cinema si sono svuotati. Sono scomparsi. Giostre e scivoli arrugginiti e poi sepolti, non so se ve ne siete accorti ma prima i walkman poi le cuffie hanno preso da qualche anno il posto dei jukebox. Tutto ha preso a correre, tranne la prontezza dei genitori nell’adeguarsi, nel far rispettare le regole elementari. La questione è tutta qui: l’educazione che ti danno mamma e papà. Nell’idea di Vieri e Corradi non ci trovo niente di male, anzi. Condivido la forzata definizione di oratorio digitale, inteso come rassicurante luogo di incontro e svago, a patto che le regole di cui si parla vengano effettivamente rispettate.

Bambini, adolescenti e ragazzi devono essere istruiti anzitutto dai genitori: quanto spendete da Vieri e Corradi, quante ore ci trascorrete, tenendo ben presente che questo dev’essere un premio allo studio e non un libero divertimento a prescindere. Quando avevo finito i compiti e solo allora, potevo andare all’oratorio: lì si facevano nuovi amici ed amichette, ma già in quegli anni Sessanta comunque il bullismo imperversava sottotraccia. Dovevo rientrare a casa prima che facesse buio, quindi alle 17 d’inverno e alle 19 d’estate. Avevo in tasca la mancetta, mi pare cinquecento lire la settimana, ed era già un piccolo tesoro: andavo bene alle elementari e alle medie, me la meritavo. Quando finivano quei soldi, si doveva per forza starsene a casa sino alla settimana successiva. Se invece avanzava qualche ghello, si infilava nella schiena del porcellino salvadanaio.

E’ qui, che non vedo alcuna differenza rispetto a cinquant’anni fa: le regole, per primi, devono imporle i genitori e farle rispettare. Tempo, studio, spesa. Avessi un figlio, mi preoccuperei di più se si affezionasse ai monologhi di Cassano su “BoboTv”, piuttosto che se andasse a giocare un po’ con amici reali e virtuali, in un posto sicuro e protetto.

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