Ci sono grandi zone del mondo che continuano a ciondolare tra temi ridicoli, dalla guerra alle libertà negate, dai dazi all’inflazione.
E’ davvero una grossa consolazione essere italiani: qui lavora gente seria che si occupa delle vere priorità. C’è tutto un popolo che chiede sotto al palazzo un intervento chiaro e deciso, il bravo statista fiuta gli umori e prontamente provvede: guardiamolo quant’è serio e soddisfatto di sé Franceschini, uno che quando la Dc era la Dc poteva andare solo alla fotocopiatrice, ma che da qualche tempo è il grande tessitore del Pd e della sinistrata sinistra moderata (se lui è il grande tessitore, pensa come sono messi gli altri). Guardiamolo e restiamo a bocca aperta: tra i dazi e le armi, lui punta dritto la questione cruciale, il cognome dei neonati.
E’ con vera passione che spiega ai servili Tg il suo colpo di genio, sembra davvero al massimo delle sue possibilità: basta con questa vergogna secolare del cognome passato dal padre, basta con queste beghette di ultima generazione sui due cognomi di mamma e papà, la mia proposta è dare al bambino il cognome della madre e non se ne parli più. In chiusura, il colpo di tacco, che fa molto filosofo: è un modo per risarcire le donne dei secoli di soprusi che hanno dovuto subire (alle volte: sapendo che alle donne bastava il cognome per dimenticare secoli di barbarie e ingiustizie, magari si dava un’aggiustata prima).
Logicamente quello del cognome è un argomento. Ma che lo statista Franceschini non colga il senso del momento, andando alla guerra del cognome mentre tutti hanno qualche pensiero sulle guerre vere, questo effettivamente dice molto su che razza di statista sia Franceschini. E anche su quale sia la condizione psicofisica del Pd, che mentre il mondo è in fiamme passa dall’armocromismo ai carri del gay-pride, per arrivare al cognome concesso alle donne (concedere stipendi uguali agli uomini è così banale?).
Ma ormai a questa leva di politici non si può chiedere di più. Diventa una crudeltà. Però, un minimo: se proprio è folle pretendere il senso dello Stato, sarebbe qualcosa il senso del ridicolo.