SE LA SMETTESSIMO DI PENSARE CHE SIA SEMPRE COLPA DI QUALCUN ALTRO

Ormai sono molti anni che lavoro come psicoterapeuta e mi sono fatto alcune idee fisse sul mio lavoro.

Ad esempio, la stragrande maggioranza dei miei pazienti (ma senza esagerazione potrei dire anche tutti) sta male… per colpa di qualcun altro. Ho redatto una statistica personale, ma sono abbastanza certo che vale anche per i miei colleghi.

Alla domanda iniziale su quali sono i motivi che spingono a chiedere aiuto, oppure cosa è che li fa star male, inequivocabilmente rispondono tirando in ballo i comportamenti di qualcun altro. E’ sempre così: si soffre per i tradimenti di un marito, o perché la moglie è troppo dipendente dalla sua famiglia, per colpa di un figlio disubbidiente e che non fa nulla, o a causa di genitori troppo poco affettuosi o che non hanno mai favorito l’autostima. L’elenco è lungo: sorelle competitive e disattente, fidanzate opprimenti, ragazzi superficiali e ingrati. Ma, dopo poche sedute, risulta evidente che parlare con uno psicologo non serve a cambiare qualcun altro che, come nel caso dei genitori, potrebbe addirittura essere defunto.

Per uscire dall’impasse, fornisco ai miei pazienti una definizione della psicologia, assolutamente confidenziale, non rintracciabile in alcun libro di testo, che tuttavia mi sembra efficace.

La psicologia, io dico, è quella disciplina che si occupa della parte della nostra vita che dipende da noi stessi. Aggiungo che la nostra vita è condizionata da tanti fattori, la maggior parte dei quali tuttavia sfugge al nostro controllo. Ad esempio, si nasce diversi per patrimonio genetico, condizione sociale, stato di salute, luogo geografico, periodo storico e, anche crescendo, sono molti i fattori che non siamo minimamente in grado di governare. La nostra vita dipende da noi al 30-35%. Al massimo. Può sembrare poco, ma non è pochissimo. Anche gli incontri più importanti sono spesso casuali. Ai pazienti, in genere già confusi di loro e che io contribuisco a confondere, chiarisco come la psicologia aiuti a fare meglio possibile la propria parte, nella direzione che preferiamo, pur nella consapevolezza che abbiamo il controllo di una parte soltanto dei fattori decisionali.

Insomma, credo che un percorso di crescita debba servire a prendersi le proprie responsabilità, accettando che non tutto dipende da noi. Serve a cambiare un po’ se stessi, non gli altri. Anzi, ormai mi sono convinto che la condizione più importante per beneficiare di una psicoterapia, quale che sia la patologia psichica o la sofferenza emotiva, risieda nella disponibilità a mettersi in discussione. Solo chi è in grado di fare autocritica, riconoscendo la propria parte di responsabilità negli accadimenti che gli succedono, può veramente beneficiarne.

Almeno per me, da me, funziona così. Non sono un gran consolatore: mi piace immaginare che la mia funzione sia promuovere, almeno in parte, un cambiamento.

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