SE LA RAPPRESAGLIA IDIOTA CONTRO PUTIN SI ABBATTE SUL GENIO DI DOSTOEVSKIJ

Un caro amico d’infanzia, Paolo, uno che sbrana un paio di libri la settimana con il contorno di qualche decina di giornali e riviste, mi manda un video pubblicato su Twitter in cui lo scrittore Paolo Nori, probabilmente il massimo esperto italiano vivente di letteratura russa, rivela: “Ho ricevuto una mail che mi comunicava la decisione del prorettore alla didattica dell’università Bicocca di Milano, d’intesa con la rettrice, di rimandare il corso su Dostoevskij, allo scopo di evitare qualsiasi polemica – soprattutto interna – in questo momento di forte tensione”. Nel video Paolo Nori, al limite delle lacrime, ricorda che “non solo oggi è una colpa essere un russo vivente, ma si arriva a censurare un russo morto che, quando era vivo, nel 1849 fu condannato a morte perché aveva detto una cosa proibita. Vorrei dire che il primo grande ispiratore dei movimenti non violenti è un signore che si chiamava Lev Tolstoj, lo scrittore russo molto ammirato da Gandhi…”.

Giuro che, prima ancora di cliccare sul link del video e avendone letto soltanto il titolo, la mia reazione è stata di pensare a me che, per la rabbia nei confronti della guerra in Ucraina, mi fossi alzato e avessi trasferito dalla libreria alla cantina “Guerra e pace”. Per cominciare. Poi “Il dottor Zivago”, “Delitto e castigo” e infine “L’idiota”. Per evitare polemiche interne – vivendo da solo – nei confronti di visitatori occasionali, o con la domestica a ore, o col custode che la mattina mi porta su la posta. Gente che rimpiange di non aver potuto frequentare l’università, studiare, leggere. Dopo di che ho ascoltato il video di Paolo Nori ed esattamente di questo parlava: di qualcuno che non si rassegna all’ignoranza.

Ultimamente mi sono dedicato a tomi impegnativi come “Qualcosa sui Lehman”, “I leoni di Sicilia”, “Dannati per sempre” che mi hanno incatenato alle pagine per molte settimane, quindi con colpevole ritardo non ho ancora aperto “Sanguina ancora” dello stesso Paolo Nori. Me lo hanno regalato a Natale e ignoravo il contenuto: la folgorazione infantile di Nori proprio per “Delitto e castigo” e la sua conseguente passione – appunto – per la letteratura russa. Per la cronaca, Nori continua a girare l’Italia per presentare il suo libro, l’ultima volta pochi giorni fa alla Leopolda di Firenze. Senza censure, di nessun tipo. E ci mancherebbe.

Se non avete letto “Guerra e pace” di Tolstoj, volendo restare a Dostoevskij ignara vittima di una nuova condanna questa volta per mano dei politicamente corretti della Bicocca, vale la pena che sappiate come la sua pena capitale fu commutata in una condanna ai lavori forzati a tempo indeterminato, dallo zar Nicola: la grazia gli fu concessa quando si trovava già sul patibolo. Evento che, naturalmente, ne segnò il resto della vita (non aveva ancora scritto né “Delitto e castigo” né “L’idiota”).

Esiste un uomo buono? Ecco la domanda che ossessionava Dostoevskij: “Da tempo mi tormentava un’idea, ma avevo paura di farne un romanzo, perché è un’idea troppo difficile e non ci sono preparato, anche se è estremamente seducente e la amo. Quest’idea è raffigurare un uomo assolutamente buono. Niente, secondo me, può essere più difficile di questo, al giorno d’oggi soprattutto”. Era la sua riflessione circa 160 anni fa accingendosi a lavorare a “L’idiota”.

Oggi scrive su un social G. Middei, ripostato da Stefano Volpe: “Assassini, stupratori, meschini funzionari di stato sono descritti benissimo da Dostoevskij che attingeva a piene mani a quella realtà cruenta, satura di disperazione, che era la Russia del XIX secolo. Ma un uomo buono a chi avrebbe potuto ispirarsi? Dove attingere? Molte volte fu sul punto di abbandonare il romanzo, alla fine si ispirò alla figura di Gesù per tratteggiare il Principe Myskin, il protagonista del romanzo. Il principe non sa mentire e non vuole farlo, si prodiga per aiutare il suo prossimo, non conosce le sottigliezze e le ipocrisie delle buona società. Per questo viene definito un idiota”.

Oggi qualcuno della Bicocca di Milano vieta agli studenti di conoscere l’opera di Dostojevskij, con la formula ipocrita del “rinvio”. Il mio amico Paolo la trova una decisione stupida. Io la trovo una cosa ignorante, perché ignorare significa non sapere. Che poi sì, in effetti sfocia nella stupidità.

 

Aggiornamento delle 16,30: L’Università Bicocca ci ripensa e fa marcia indietro. Figuraccia numero due. La seconda persino peggio della prima, se possibile. Patetico.

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