SE LA FELICITA’ HA IL COPYRIGHT FINLANDESE

 

Two wooden chairs on a wood pier overlooking a lake at sunset in Finland

di MARIO SCHIANI – C’è una vecchia canzone dei Monty Python che celebra la Finlandia come “il Paese in cui vorrei essere”, compatendolo per essere “trascurato e ignorato, secondo perfino al Belgio nei viaggi internazionali”. L’intento dei Monty Phyton, va da sé, era satirico. L’unica ragione per cantare della Finlandia poteva essere quella di esaltarne la tranquillità, l’understatement, il pacifico stile di vita: “Che bello farci del camping o del trekking, o anche solo guardare la televisione”.

Oggi, grazie al “World Happiness Report”, scopriamo che la Finlandia è il Paese più felice del mondo. Anzi, si tratta di una riscoperta perché anche lo scorso anno la classifica era guidata dagli estatici finlandesi. Che il segreto della felicità stia proprio nelle umili qualità di serenità e pace sottolineate dai Monty Phyton? La felicità non sarebbe dunque un sentimento tumultuoso: per durare e per vincere i campionati mondiali della specialità occorre invece che sia quieta, pacata, quasi soporifera.

Soprattutto, dicono i dati raccolti da “Gallup World Poll”, sui quali è costruita la classifica, occorre che i singoli cittadini abbiano fiducia nella loro comunità e in questo, a quanto pare, i finlandesi non li batte nessuno.

I dati dicono però anche un’altra cosa, forse più interessante: il Covid non ha inciso più di tanto sulla percezione del benessere, e non solo in Finlandia ma in quasi tutti i Paesi del mondo. Questo non vuol dire che non abbia fatto danni, per carità, ne ha fatti tanti e tanti continua a farne: significa solo che la gente è riuscita a mantenere, nonostante tutto, un buon livello di benessere personale. Un benessere, attenzione, che il “Rapporto sulla Felicità” non misura in termini materiali, economici, ma di fiducia nelle proprie forze e nella connessione sociale. In questo, il Covid potrebbe perfino averci dato una spinta, costringendoci a prendere atto del valore delle nostre vite e dell’importanza della solidarietà. Tanto è vero che l’Italia, così duramente colpita dall’epidemia, ha migliorato il proprio livello di felicità e dal 28° posto in classifica è passata al 25°.

Questo dato indurrà molti a far carta straccia della classifica, con buona pace della Finlandia e dei suoi radiosi abitanti. Gli italiani più felici di due anni fa? Ma per favore! Con tutti i morti, i disastri economici subiti e annunciati, i tentennamenti della politica e i disservizi burocratici che si riscontrano tanto al centro quanto in periferia, come è possibile sostenere una tesi del genere? Questi del World “Happiness Report” hanno voglia di scherzare! Una voglia, peraltro, rimasta solo a loro.

Certo: di una classifica costruita su un elemento volatile e aleatorio come la felicità c’è sempre da dubitare. Però val la pena azzardare una riflessione. In fondo, il timore per i problemi reali e drammatici che molti di noi fronteggiano è espresso sempre in termini rabbiosi e aggressivi anche perché questo è il modo di comunicare diventato più comune e riconoscibile. Un tono di voce collettivo ormai inevitabile qualora si voglia esternare paura e disappunto. Nulla ci vieta di sperare che, sotto, covi qualcosa di più costruttivo, ovvero un sentimento di solidarietà e di speranza che trovi il suo collante nell’individuazione di un nemico contro il quale tutti siamo d’accordo valga la pena battersi: il Covid. Sta a vedere che il vaccino finlandese, da assumere ogni giorno in piccole dosi di fiducia, finisca per essere tra i più efficaci.

 

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