SE IL PROF E’ UNO SCARTO SOCIALE, E’ NORMALE PESTARE IL PROF

Prendo nota: un professore di Casavatore, paesello vicino a Napoli, viene preso a pugni e calci sotto casa da cinque energumeni per aver redarguito i suoi alunni di una prima media, e finisce all’ospedale.

Questo il dato, nudo e crudo. Siccome non ho la più pallida idea di dove si trovi, precisamente, questo ridente nido di civiltà e cultura, vado a tentoni e postulo che si tratti di uno di quei posti, di cui l’Hinterland partenopeo pare verzicare alquanto, e in cui, per dirla in breve, lo Stato latita un tantino. Questo, fuori dalla mielosa retorica alla “Io speriamo che me la cavo!”. E fuori anche dai patetici webinar sul bullismo, sulla narrazione di una scuola che esiste solo nelle menti bacate di certi mastri pensatori.

La scuola, oggi, è un distributore automatico di sciocchezze inutili: un posto dove un poverocristo, che, finalmente, trova una supplenza vicino casa, viene mandato all’ospedale, perché ha osato riprendere dei teppisti in erba, che facevano troppo casino. Ribadisco: di prima media! Vabbè, mi direte che non tutte le scuole sono così, che non tutti i genitori sono così e, soprattutto, che non tutta Italia è Casavatore: questo è vero, ringraziando il cielo.

Tuttavia, che la maleducazione di genitori e figli sia in preoccupante aumento ovunque è evidente, che la debolezza sociale e professionale degli insegnanti alimenti uno scarso rispetto della loro figura è altrettanto evidente; quindi, la soluzione è una ed una sola: innescare la retromarcia e operare un rapido e salutifero dietrofront. Oppure, rassegnarci: vedete un po’ voi. O restituiamo alla scuola un minimo di disciplina, disciplina militare intendo, dotando i docenti e i dirigenti di strumenti coercitivi credibili, oppure accettiamo che qualche genitore, ritenendosi offeso nelle proprie linee educative, prenda gli insenanti a tortorate. La qual cosa, paradossalmente, è figlia di un’idea che voleva essere civilissima: una scuola partecipata, assembleare, condivisa. Una scuola con genitori e bidelli che dicessero la loro sull’adozione dei libri di testo, per capirci. E’ magnifico, avrebbe commentato il tale, ma non è la guerra: questa scuola va bene per una puntata di Pippi Calzelunghe: ma, poi, c’è la realtà, malefica e guastafeste, di cui tener conto. E la realtà è che ordine, rispetto e perfino partecipazione, si ottengono con il principio di autorità: che deriva da quello di autorevolezza.

Se tu pensi di avere davanti un poveraccio, una specie di scarto sociale e culturale, ben difficilmente lo rispetterai: e, se sei un guappo, borioso e arrogante, può pure darsi che lo gonfi di botte, se ha dato dell’asino a un figlio che è la tua immagine fallimentare.

Quindi, è sulla catena di comando che si dovrebbe lavorare. E qui mi scappa da ridere: dirigenti pavidi, professori terrorizzati, studenti asini e prevenuti. Mica male come punto di partenza.

Però, ci si può provare: nominatemi Ministro della Pubblica istruzione al posto di – com’è che si chiama? -Bianchi. E vi faccio vedere io come si fa. Per prima cosa, calo a razzo a Casavatore, che si riuscirà pure a trovare su Google Maps, a ridiscutere la faccenda con quei cinque gentiluomini. Magari, anzi, mi porto quattro amici…

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