E BISOGNA SPIEGARE CHE PETERS NON E’ UN MOSTRO VERO

Negli ultimi giorni si è scatenato un enorme polverone nei confronti di Evan Peters, premiato con il Golden Globes come migliore attore in una serie tv.

Il 35enne di St. Louis ha interpretato magistralmente Jeff Dahmer nella serie Dahmer – Mostro, ispirata al pluriomicida di Milwaauke responsabile di 17 cruenti omicidi tra il 1978 e il 1991. Un’interpretazione intensa, magnetica, con Peters che, per sua stessa ammissione, alla fine di ogni ripresa necessitava di qualche ora per scrollarsi di dosso quei panni tanto pesanti quanto inquietanti.

Il premio, seppur meritato, immancabilmente non è stato digerito da diversi telespettatori, né dai quei critici laureati presso l’Università degli studi di Facebook. Alcuni familiari delle vittime hanno accusato l’attore di non aver speso, in fase di premiazione, una parola di conforto nei confronti di chi è stato ucciso. E questo lo comprendiamo, specie di fronte al sospetto che non siano state messI al corrente del progetto prima del suo lancio.

Ma è la restante platea di accusatori che lascia basiti. Molti hanno espresso la loro indignazione nei confronti della produzione per aver sfruttato degli eventi tragici e per lucrarci sopra, con il rischio di eroicizzare un criminale. Poi magari sono gli stessi che in passato hanno fomentato e celebrato Claudio Gioè per la sua straordinaria interpretazione di Totò Riina nel “Capo dei Capi”. Ma lì andava bene.

Senza contare che lo sdegno nei confronti di Dahmer va leggermente in conflitto col record ottenuto dalla serie stessa come la più vista e seguita al mondo. Qualcosa, evidentemente, non torna.

Altri, invece, se la sono presa direttamente con l’attore che, a detta loro, avrebbe dovuto rifiutare il ruolo di un mostro come Jeff Dahmer. Come se il mostro, adesso, fosse lui.

Un fatto analogo accadde anche diversi anni fa: quella volta fu l’attore Fabio de Caro, che interpretava Malammore nella serie TV “Gomorra”, a farne le spese. Il suo personaggio, nella serie, si rese protagonista di un omicidio ai danni di una bambina. Nei giorni successivi, sui social, ricevette minacce e insulti da parte di persone che gli davano dell’assassino, al punto tale che dovette specificare che il fatto fosse accaduto in una fiction e non nella realtà. Una follia che ancora oggi lascia senza parole sull’ennesima riprova, la più penosa, del livello che possono toccare i social.

Evan Peters è l’ennesimo sacrificato di una società ipocrita e impazzita. Come se, di colpo, raccontare un fatto di cronaca costituisca una colpa. Per di più ai danni di una narrazione che in nessun modo favorisce simpatia verso il carnefice. Anzi ne fa risaltare la malvagità, e spinge il pubblico a non affezionarsi neanche un po’ al personaggio interpretato da Peters.

Comprendo la dipendenza da perbenismo, o il desiderio di voler fare necessariamente un po’ di rumore per riempire il vuoto quotidiano, ma così è troppo. Realtà e finzione sono spesso due facce della stessa medaglia, ma bisognerebbe conservare il minimo sindacale d’intelligenza per saperle scindere e distinguere, senza alcun tipo di tartufismo. Altrimenti i mostri diventiamo noi. E non per finta.

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