SE ANDARE AL CIMITERO E’ UNA PERDITA DI TEMPO

Una delle differenze, certo non tra le più importanti ma forse sociologicamente significativa, tra la mia generazione, quella dei nati negli anni ’50 e ’60, e quella successiva, risiede nella scarsa frequenza dei cimiteri da parte dei più giovani. In passato, questi luoghi erano frequentati più volte all’anno, si mettevano fiori e si accendevano lumi, provvedendo ad una sorte di manutenzione di uno spazio percepito come proprio. Oggi, mi sembrano posti molto più vuoti, poco visitati, quasi abbandonati.

D’altro canto, viaggiando in Italia, visitando paesi in diverse regioni, è facile osservare come il cimitero fosse un luogo irrinunciabile, come il Municipio, la piazza centrale e la Chiesa, che contribuiva a dare un’identità specifica ad ogni località. In un’ipotetica città che nascesse oggi, il cimitero sarebbe l’ultima preoccupazione degli architetti…

Le cause di questo mutamento sono sicuramente diverse. Intanto, ci si sposta sempre di più e figli e nipoti vivono altrove rispetto al luogo dei propri defunti. Poi c’è da mettere in conto la riduzione dell’influenza delle credenze religiose nelle società “capitalistiche”. Anche la scelta sempre più diffusa della cremazione probabilmente è legata, in modo più o meno inconsapevole, al desiderio di avere un commiato unico e definitivo, ad esempio disperdendo le ceneri in mare o in altro luogo simbolico, senza il bisogno di rinnovare ciò che ad alcuni può apparire un impegno e che per molti rappresentava il desiderio di mantenere un dialogo con i propri cari. D’altro canto, le società individualistiche come la nostra reclamano sempre di più il diritto di mettere al primo posto il proprio benessere ed i propri bisogni ed ormai anche il senso comune collettivo tale atteggiamento approva e sostiene.

Osservo un fenomeno senza voler prendere una posizione personale. Non mi interessa dire se è meglio o peggio, per intenderci. Probabilmente l’amore per i propri cari, il dolore per la perdita, l’intensità dei legami sono gli stessi. Certamente non si misura l’amore dal numero di volte che si va al cimitero e tutte le scelte personali vanno rispettate ed ognuno ha il diritto di vivere il lutto come meglio crede. Cambia la rappresentazione del nostro rapporto con i defunti, che diventa ora più privata, manca la dimensione del rito collettivo, che si faceva anche occasione sociale di condivisione e appartenenza.

Quello che è certo è che viviamo in un mondo iper-tecnologico con ampio spazio alla virtualità, dove siamo sempre più soli, più autonomi e autosufficienti, ma più soli con le nostre emozioni, i nostri pensieri, i nostri dolori.

Ci stiamo abituando, c’è a chi piace (altro discorso è quanto il nostro piacere sia guidato da spinte sociali di cui siamo inconsapevoli), ma di sicuro in un mondo guidato dalla deriva tecnologica dell’iperconnessione e dell’efficienza, andare al cimitero può rappresentare solo una perdita di tempo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *