SE ANCHE SACCHI SI ACCORGE CHE A VOLTE LA STORIA LA FA UNO STUPIDO RIGORE

A Ferragosto si rinnova una polemica senza fine, 30 anni dopo il Mondiale di calcio americano. Ci è tornato Arrigo Sacchi, ormai opinionista e articolista a tutto tondo, da quando lasciò l’ultima panchina (quella del Parma) nel 2001. La sua esperienza da C.T. azzurro non finisce mai di dividere chi Sacchi l’ha odiato e amato, per i suoi successi al Milan più che per gli anni al Club Italia.

E’ stato “Il Giornale” a riprendere il polemico chiarimento del condottiero di Fusignano, dopo che aveva affermato: “L’unica differenza tra la mia Nazionale e quella di Lippi del 2006, è stato l’esito dei rigori in finale”.

Bufera, dato che sotto l’ombrellone tutto fa brodo per le zuffe mediatiche e social. Così l’Arrigo piccato rincara la dose: “Il paragone era riferito esclusivamente all’epilogo, non c’erano altri riferimenti di alcun tipo. Non capisco davvero come si possa essere irriconoscenti a un gruppo che vinse 9 partite su 11 con un caldo pazzesco e un’umidità al 98%. Io considero i giocatori di quel gruppo degli eroi”.

Di recente un’altra polemica sul tema era stata innescata da Roby Baggio circa il suo utilizzo e il rapporto col C.T. in quel tempo, ma è stato proprio il Divin Codino a smorzarla e archiviarla senza ulteriori veleni.

Per la storia, in quel Mondiale – come spesso è accaduto alla nostra Nazionale – partimmo lenti e arrivammo forte, con di mezzo l’infortunio a Franco Baresi che recuperò a tempo di record dall’operazione per menisco e la gomitata di Tassotti a Luis Enrique con la lunga squalifica al difensore.

Arrigo combatte da sempre tra la sua filosofia alla Velasco, basata su rispetto, cultura, educazione, e un ego congenito, quasi meccanico che gli scaturisce oggi come allora da convinzioni radicate, ferree, inestirpabili. Coerenza e testardaggine vanno a braccetto con lui e le sue idee.

Resta il fatto che il semplice assunto della differenza tra un Mondiale e l’altro è di per sé inattaccabile, lo dicono i fatti: nel ’94 ai rigori vinse il Brasile e perse l’Italia, nel 2006 ai rigori vinse l’Italia e perse la Francia. Tutto qui.

Diventa difficile contraddire Sacchi pensando anche all’Europeo vinto 3 anni fa con Mancini, un percorso lastricato da vittorie ai rigori che possono senz’altro essere ascritte alla sorte, alla lotteria, al caso. Per segnare un rigore devi avere tecnica e freddezza, mentre risultano indifferenti l’incoscienza o l’esperienza (anzi in qualche caso meglio la prima). E però. Però. Basta una leggera fossetta di terra nei pressi del dischetto, uno scivolone, mezzo centimetro in più o in meno del piattone pedestre o nella traiettoria, il palo, il volo del portiere… Di quale scienza parliamo?

Ciò che resta o dovrebbe restare sono le imprese, i meriti di chi arriva fino in fondo, la soddisfazione di avercela fatta perché poi – all’ultimo respiro – vittoria e sconfitta sono spesso figlie dell’attimo, dell’episodio, della scelta giusta o sbagliata, ma che nessuno può realmente valutare in un modo o nell’altro.

Ecco che la riflessione finale sposa in pieno quella che i santoni come Sacchi e Velasco intendono come sottocultura del risultato, ed è proprio qui che si infrangono miseramente gli equilibri, le analisi, i racconti, le spiegazioni: chiunque può attribuire una vittoria o una sconfitta alle colpe dei protagonisti. Senza timore di poter essere smentito.

Siamo quel popolo che accolse l’Italia finalista a Messico ’70, battuta solo dall’inarrivabile Brasile di Pelé, a fischi e pomodori. Siamo quel popolo che parla della fortuna di Mancini, Sacchi, Ancelotti, anche di Lippi perché no: la meritocrazia non ci appartiene.

Diciamo che, rispetto alle ultime versioni azzurre di Ventura, Spalletti e dello stesso Mancini, queste discussioni di Ferragosto più che scatenare fazioni e passioni, mettono malinconia. E’ certamente meglio discutere di finali mondiali vinte e perse rispetto a Mondiali ai quali non abbiamo più partecipato, e in cui l’ultima partita l’abbiamo giocata 10 anni fa.

Un pensiero su “SE ANCHE SACCHI SI ACCORGE CHE A VOLTE LA STORIA LA FA UNO STUPIDO RIGORE

  1. Domenico Todini dice:

    Chiosa finale perfetta! Come ogni volta, come ogni tuo articolo Luca!!! Siamo un’Italia del pallone dei quacquaracqua!!! 😞

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