Elon, per nulla intimorito, fa sapere tronfio che “i migliori sono rimasti”. Io al suo posto darei comunque un’occhiatina a quel milione e seicentomila clienti usciti in pochi giorni da Twitter ed entrati in Mastodon, una piattaforma simile. Pochi rispetto ai trecentotrentacinque milioni di utenti attivi mensili dell’uccellino azzurro, vero, ma è un segnale molto significativo. Se c’è una strategia dietro tutto questo bisognerebbe chiederlo a un analista di quelli bravi, perché non ha nessun senso distruggere così una società che hai appena comprato a 44 miliardi di dollari.
Il danno si sta propagando anche in altre sue società: in SpaceX (che si occupa di missioni spaziali), nove dipendenti sono stati licenziati perché apertamente in disaccordo con il proprietario proprio per i fatti di Twitter. Quanti altri seguiranno? Era prevista anche questa reazione, tutto sotto controllo? Il boomerang digitale mediatico è perverso e pericoloso, incredibile sia sottovalutato così tanto.
A proposito di comunicazione, un politico italiano si è affrettato in queste ore a twittare con Musk, invitandolo apertamente a venire in Italia, “per te le porte del mio ministero sono sempre aperte”. Parole di Matteo Salvini, che, con il solito grande tempismo, ha scelto il momento giusto per mettersi in mezzo. Il recordman delle occasioni perse per stare zitto lo vede già come il salvatore dell’industria dell’auto italiana, impegnata nella transizione verso la mobilità elettrica.
Il “genio innovatore”, come lo chiama il vice premier, ha prontamente risposto “non vedo l’ora di incontrarti”. Io sarei molto cauto se fossi il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti: l’uomo non è dell’umore giusto, Matteo rischia di farsi liquidare entro i primi 140 caratteri.