SCUSA AMERI, NON SANNO QUELLO CHE DICONO

di TONY DAMASCELLI – L’assenza di pubblico negli stadi ha conseguenze assai drammatiche: siamo costretti a subire la presenza dei telecronisti e delle loro seconde voci, ex calciatori e simili.

Ecco dunque che il silenzio dei tifosi viene riempito dall’eloquio di un Pardo che si esercita nell’utilizzo di frasi imperiose e imperiali “E’ la notte del calcio, è la grande notte di San Siro, è la notte di Inter-Benevento!”.

E ancora: “Il Benevento è primatista delle squadre che hanno subìto più gol nella prima mezzora”.

Non felice di tali epici annunci, ha voluto esaltarsi nel racconto finale di Genoa-Napoli: “Mancano duecentocinquantaquattro secondi alla fine”, con gli attori in campo nella parte imprevista di dead-men walking.

Pardo è un eccellente cronista di football, si è ormai galeazzizzato e sembra destinato a uguale carriera, pur non avendo frequentato, come Bisteccone, lo sport vero di sofferenza, canottaggio intendo, e il marciapiede delle cronache, tra bordo campo e spogliatoio.

No, oggi si nasce subito imparati, come Caressa, che spiega ogni volta l’asterisco del piede, del labiale, della strizzatina d’occhi, del sussurro, del the caldo, dell’”immersione” per sbirciare e origliare le parole in campo.

Al loro fianco sfilano giganti del calcio che fu, direi Tiribocchi di cui si conosce l’esperienza internazionale, o Adani che parla come giocava, farfugliando un italiano e una grammatica che con la quale e senza la quale rimani tale e quale.

Il calcio in tivvù ha cancellato la fantasia della radio, Ameri e Ciotti sono cimeli da museo della preistoria, il loro lessico, il loro ritmo, la loro preparazione (non nei numeri) non servirebbe a nulla contro i figli di wikipedia. Il teatro contemporaneo vive di fiction, come gli speaker degli stadi che continuano a strillare i cognomi e i nomi dei calciatori sostituiti, forse rivolgendosi agli inquilini del quartiere.

E’ uno spettacolo bellissimo, è il calcio del Covid, è il football del nuovo giornalismo, è lo spazio occupato dagli ex calciatori che, come i costruttori, i responsabili, i voltagabbana della politica, hanno dimenticato gli insulti e gli sputi indirizzati alla stampa e vestono gli abiti dei critici (ma dove?) a pagamento.

Ovviamente, come nelle migliori farse, si replica. A ripetizione, a spalti deserti.

Un pensiero su “SCUSA AMERI, NON SANNO QUELLO CHE DICONO

  1. Fabio Alberti dice:

    Non mi piace il sermone che mette in ridicolo tutto il mondo delle parole calcistico/televisive, possono non piacere i vari commentatori citati ma biasimare che questi facciamo il loro lavoro mi sembra eccessivo.
    Personalmente in alcuni momenti anch’io abbasso a zero l’audio ma quale è la differenza col passato? Forse solo che si era più giovani. Trovo invece che i vari Adani Ambrosini o Tiribocchi almeno cerchino di trasmetterci una visione dell’evento con una percezione che sia solo quella classica da divano.

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