di ARIO GERVASUTTI – Che peccato, le Sardine non ci sono più. Non c’è sarcasmo in queste parole, se non verso chi immaginava un finale diverso. Perché loro, le Sardine intese come il ristretto gruppo di organizzatori del movimento spontaneo nato per ridare dignità alla politica, non hanno mica colpe particolari. Hanno fatto il loro dovere, che era quello di costruire in fretta e furia una stampella per impedire la vittoria a mani basse di Salvini in Emilia Romagna, e finita lì.
Piuttosto, sono da compatire quei maestri del pensiero che si sono arrampicati sugli specchi pur di farci credere d’essere di fronte a uno spontaneo movimento popolare, a una rinascita dei buoni sentimenti azzoppati dalla sporca partitocrazia, il bene contro il male, il bello contro il brutto, una boccata d’aria pulita contro il logorìo della vita di Palazzo. Ma davvero ci hanno creduto? E davvero hanno creduto che ci credessimo?
Dice il fondatore e frontman del movimento, il giovane Mattia Santori (e anche sul giovane ci sarebbe da discutere, a 32 anni…): «Non voglio assumermi la responsabilità di generare una massa di frustrati rabbiosi che passa più tempo sul web che nella vita reale». Scusa, giovane, guarda che quei soggetti non li hai “generati” tu: esistevano già, erano già così, tu li hai solo convocati in piazza. Nella migliore delle ipotesi li avete usati, credendovi degli Enrico Mattei. Il fondatore dell’Eni la pensava un po’ come voi: «Uso i partiti allo stesso modo di come uso i taxi: salgo, pago la corsa, scendo». Voi non avete neanche pagato la corsa. Ma il guaio è che non sapete nemmeno dove vi ha portato il tassista.
Vi ha portato esattamente dove finiscono tutti i movimenti che nascono “dal basso” sulla base di una presunta “superiorità” etica, senza accorgersi della contraddizione tra “basso” e “superiore”. Quei movimenti che si autoproclamano spontanei, vergini, che vagheggiano un ritorno alle origini della politica, come se ci fosse mai stato un tempo in cui la politica è stata una cosa per puri di spirito e di corpo. Li abbiamo già visti, quei movimenti: in media ne nasce uno ogni sei-sette anni. Qualcuno scoppia subito, qualcun altro arriva perfino a mettere i piedi (i piedi, non le mani) nelle stanze dei bottoni: con i risultati che conosciamo.
Non avete capito dove vi ha portato il taxi? Massì, dai, non è difficile. Vi ha portati a un passo dal diventare l’ennesimo partitino dello zerovirgola, e fatti due conti avete visto che non vi conviene più. «So che molti di voi non si sentono a proprio agio nella dimensione puramente etica e culturale della politica», riflette il giovane Santori. Traduzione: so che vi domandate per quale motivo non diventiamo un partito. Risposta del Santori: «Sento che più prendiamo la direzione politica, più finiamo per imitare gli altri». Traduzione: se diventiamo l’ennesimo partito, ci sgamano e finisce il giochino.
Perché è più facile fare i maestrini, gli etici, gli spontanei, i vergini rimanendo fuori. Quando si fa sul serio, le cose cambiano. E il “giovane” se n’è accorto: «Sono conscio che qualcuno preferisce farmi le scarpe e screditare alle spalle me e le persone che mi supportano». L’ultima volta che qualcuno ha pronunciato questa frase era nel retropalco di un congresso del Psdi. O forse della Dc.
Egr.Dott. Gervasutti,
a Rimini, la mia città (intesa come luogo di nascita e residenza , non come privata proprietà) , le SARDINE sono anche chiamate “SARAGHINA”.
Termine popolano del gergo dialettale per indicare un pesce “povero” ( in verità , non ho mai conosciuto un pesce ricco) , per tavole altrettanto povere.
Comunque, se accompagnato a del buon vino (mangiare “ la saraghina” , magari fritta, bevendo acqua od altri consimili intrugli ha lo stesso effetto intestinale di un cerino gettato in una polveriera) un piatto da leccarsi i baffi, e pure le dita con cui rigorosamente la saraghina va portata alla bocca.
Ecco , questa è la mia idea delle SARDINE. Un pesce di mare, in termini dotti gran fornitore di omega tre, al quale riservare comunque rispetto.
Per un paio di giorni, ad esagerare : scaduto il tempo, com’è destino di tutti le specie di cd. pesce azzurro, puzza.
Neanche il gatto se lo tira più.
Cordialmente.
Fiorenzo Alessi