di CRISTIANO GATTI – Presto arriveranno i consuntivi degli esperti in mode e tendenze, come vuole il rituale alla fine di ogni vacanza. Già da adesso però mi pare che il quadro sia piuttosto chiaro. Questa estate 2020, già così eccezionale prima ancora di cominciare, passa alla storia soprattutto nel segno della Sardegna e dei suoi devoti.
Da rilevare un andamento abbastanza lineare, quanto a indicazioni degli influencer e fedele esecuzione del branco. Prima l’adeguata carica di entusiasmo nel tempo dell’attesa e della preparazione, con continui rimandi alle predicazioni controcorrente degli Zangrillo, degli Sgarbi, dei Briatore, dei Bocelli, al grido basta con questi divieti, basta con queste prudenze inutili, riprendiamoci la nostra vita, i bacchettoni della mascherina hanno rotto i santissimi. Martellante il richiamo alla parola chiave, la password passpartout: libertà. L’estate deve diventare, nelle linee guida di questo comitato, la grande riscossa degli uomini che la sanno lunga e non se la bevono, nel nome e nel segno della libertà.
Poi, con l’arrivo di agosto, il grido di battaglia: tutti in Sardegna, diamoci dentro e facciamogliela vedere. Ondate massicce di selfie e di video pret-a-porter inondano il paese dei bacchettoni, quell’altro, ancora fermo alle precauzioni e ai timori, dubbioso e indeciso persino se tornare alla pensione di Cattolica che frequentavano già i nonni.
Masse eccitatissime dentro i locali più wow, primo naturalmente il Billionaire. La vipperia di varia estrazione – calciatori, fidanzate vallette di qualcosa, attoroni e attorucoli, nobildonne e soubrettine – si mostra in tutte le salse, dalla partitella a calcetto con Mihajlovic alla visita di Briatore per baciare la pantofola di Berlusconi, sempre immancabilmente spensierata e irriducibilmente smascherata, in modo letterale, proprio senza mascherina. I casi sono due: o in Sardegna non sono mai arrivati i carichi di mascherine del trinariciuto Arcuri, oppure sull’isola si realizza compiutamente, se Dio vuole, il chiaro ideale di libertà che la bella gente coltiva nei suoi circoli. Un’idea di libertà che ha lo scopo preciso di mostrare agli altri mortaccioni del Paese quale sia la via migliore verso la felicità. Per due settimane, la Sardegna è lo spot di questo grande ritorno, il ritorno imperioso della felicità. La loro, secondo loro.
Ma siccome tutto è così effimero, a questo mondo, nonostante gli sforzi manageriali dei briatori e del briatorismo, la stagione della felicità dura pochissimo. Al giro di boa di ferragosto, la tendenza dell’estate vira su un ritorno inconsueto e stravagante, fondato sulla coda nei porti e negli aeroporti per il tampone drive-in, perchè nel frattempo s’è sparsa la moda di portarsi a casa da quelle memorabili nottate il Covid-19. A giudicare dai numeri, a giudicare dalla concentrazione di potenti iconici, calciatori tatuati, ragazzini incoscienti alla fine risultati infetti, la conclusione non può che essere questa: lì in Sardegna, quest’estate, il Cororonavirus Covid-19 è chiaramente mutato in Crevid-20 (Cretinismovirus 2020). E’ questa la vera tendenza da rilevare, senza essere influencer di costume o sociologi di università.
Quel che resta della beata stagione sarda non è molto. Qualche vip d’alto bordo precisa come la sua sia più che altro prostatite, qualche ochetta racconta in lacrime ai giornali quanto le spiaccia aver contagiato il papà e il nonno, “non è giusto, per una serata in discoteca adesso loro rischiano”. In generale, tutti quanti si affrettano a sottolineare che comunque sono asintomatici, come dice Zangrillo questo Covid è una bellezza, non fa più il solletico a nessuno. Amen.
A bilancio, per la storia: così è l’estate 2020. Trainata e contrassegnata dalle indimenticabili notti di Sardegna. Là dove si fa tendenza. Là dove tendenza non fa necessariamente rima con intelligenza.