SAPESSI COM’E’ STRANO SENTIRSI DISAGIATI A MILANO

L’inchiesta di “Repubblica” occupa mezza pagina, ma tra foto, titoli e pubblicità, l’articolo non supera le 40 righe. Spazio che esprime bene il disagio, quasi lo sconcerto nel contenuto a firma di Flavio Bini e Raffaele Ricciardi: non si può più vivere a Milano.

Elaborando i dati Istat, l’Unione Nazionale Consumatori – su commissione del quotidiano – ha sentenziato che per campare al limite, nel capoluogo lombardo, occorrono 3314 euro al mese. Arrivi a fine mese in pari se spendi 441 euro per i generi alimentari, 345 per i trasporti, 25 per l’istruzione, alcune centinaia tra vestiti, bollette, riparazioni, imprevisti, 869 per l’affitto (20 euro al metro quadro, contro gli 11 del dato nazionale).

Il problema è che se in un anno a Milano occorrerebbe un reddito di 39768 euro, il Ministero delle Finanze ha calcolato (in base alle dichiarazioni dei redditi del 2020) che la media dichiarata dai milanesi è di 31777 euro. Quadri e impiegati oscillano tra 23 e 35 mila euro annui, per gli operai si scende a 20.000. Servono due stipendi in famiglia, con un figlio al massimo: il secondo già sarebbe un lusso quasi insostenibile.

Resterebbe la periferia, come accadde nelle metropoli americane a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, ma il primo anello di perimetro che cinge Milano è parimenti oneroso: ho amici e cugini che pagano una cifra intorno ai 14/15 euro di affitto al metro quadrato. Bisogna spingersi verso il secondo o meglio ancora il terzo anello, una ventina di chilometri dal centro urbano, ma le cose migliorano appena appena.

Dario Donato, collega specializzato in economia e finanzia per TgCom, si sta occupando di organizzare un confronto tra governo del territorio, imprese e cittadini, offrendosi in questo senso al Comune di Milano per allestirlo e moderarlo gratuitamente. Il suo post su LinkedIn riferito alla questione ha ottenuto 1.700.000 visualizzazioni: “Sui temi del welfare, delle opportunità e dell’inclusione c’è disagio, non si può nasconderlo. Do atto e merito all’assessore alla Casa, Pierfrancesco Maran, di essere intervenuto nel dibattito sul mio profilo: purtroppo, ha riconosciuto il problema, che attribuisce in parte ai salari fermi, ma non ha indicato soluzioni”.

Come quasi tutti noi quando andiamo nel Principato di Monaco, in questa nuova Montecarlo lombarda senza il mare si potrà essere solo di passaggio, al pari dei turisti: non a caso Milano è diventata la seconda meta italiana dopo Roma, sopravanzando Venezia e Firenze. Con un’esteriorità in continuo miglioramento, dai boschi verticali ai grattacieli, dai parchi a City Life, dai Navigli al centro, è cresciuto in maniera esponenziale il caro-vita e la periferia, come detto, può non essere una soluzione ottimale.

Il pendolarismo (insostenibile in automobile) risulta sufficientemente garantito dai mezzi di trasporto pubblici, a costo però di una qualità di vita in regressione come è facilmente immaginabile: “I giovani a Milano possono fermarsi dall’alba al tramonto, poi però devono andare a dormire oltre le tangenziali”, ironizza amaro Donato. Per loro l’unica soluzione è dividere la locazione, ma sappiamo bene come sia difficile comporre i contratti in questo senso e comunque l’esborso pro capite rispetto ai salari rimarrebbe sbilanciato.

Forse non è un caso che sia proprio Milano l’unica città al mondo che stia pensando a uno stadio di proprietà diviso tra due club, ma a giudicare dalla proiezione dei prezzi che saranno applicati per i biglietti – se mai davvero un giorno un nuovo stadio sarà edificato… – anche la casa di Milan e Inter è destinata ad essere quartiere residenziale per i ricchi.

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