di GHERARDO MAGRI- La notizia rimbalza da un giornale all’altro: la Ferrero riconosce 2.100 euro ai 6mila dipendenti italiani come premio per i risultati ottenuti. E’ di sicuro una lieta novella, in un momento in cui abbondano quelle di segno opposto.
L’azienda tutta italiana, con Nutella in testa ai suoi famosissimi marchi, tipicamente familiare e con discendenze scandite da riti inflessibili, non è nuova a queste iniziative. I premi di produzione sono di casa, ad Alba. Ciò significa che non è un gesto occasionale, ma è una strategia consolidata. Aggiungiamo il dato che il settore alimentare in genere ha retto molto bene nel periodo del Coronavirus, anzi ha avuto delle belle crescite. Siamo stati tutti a casa a mangiare, figuriamoci quanti barattoli di crema di nocciola ci siamo scofanati nel lockdown: faceva bene anche all’umore. Diciamo infine che l’anno fiscale del gruppo termina ad agosto, per cui le informazioni diffuse adesso sono in coincidenza con i bilanci di un anno intero, che non coincide con il calendario gregoriano.
Dunque, secondo me, niente di così straordinario. L’azienda va bene e riconosce un premio che è già stato pianificato. Leggendo bene tra le righe, però, mi è piaciuto molto di più il fatto che Ferrero abbia riconosciuto un premio speciale di 750 euro agli operai che hanno sempre lavorato nel periodo più buio. Ecco dove vedo lo scatto in avanti. Questo non era “strettamente” necessario, è stata una scelta generosa e spontanea che va nella direzione giusta. E’ la dimostrazione che dalle esperienze si può imparare qualcosa e che ne possiamo uscire migliori. Una frase abusata fin troppo e che può puzzare di demagogia. Invece. Un messaggio positivo di speranza da far circolare, di vera attenzione alle persone con fatti concreti.
L’azienda piemontese non è sola, per fortuna. Le fanno compagnia tante altre, meno famose, ma che hanno agito nell’ombra della solidarietà e dell’etica, intendo quella buona. Parlo di chi non ha applicato la cassa integrazione, ma piuttosto ha utilizzato cumuli di ferie arretrate senza toccare nessuna busta paga. Parlo di chi si è tagliato bonus e vari orpelli non giustificati per far rientrare i conti. Parlo di chi ha assistito i propri dipendenti nel rimborsare i disagi dovuti alla mobilità limitata, del reintegro delle spese per i test sierologici, dei permessi speciali concessi per situazioni familiari particolari, di agevolazioni finanziarie e di prestiti.
Posso testimoniare che la realtà economica è più bella di quanto riusciamo a presentare in pubblico, tante volte al solo scopo di urlare per farci notare o di dirla più grossa di tutti. Il Belpaese delle aziende è senz’altro migliore della sua caricatura che vogliamo a tutti i costi rappresentare, in modo talvolta ossessivamente masochistico. Soffriamo di un complesso di inferiorità atavico rispetto alle realtà d’oltralpe, qualche volta ben meritato, ma spesso amplificato per pura propaganda “contro”.
Facciamo circolare queste buone notizie con la consapevolezza di essere in grado di alzare la testa in ogni momento, ricordandoci che non ci vuole poi così tanto.