SANTO ROMANO UCCISO PER NIENTE: NEPPURE I “SEGNALATI” RIUSCIAMO A CONTROLLARE

A proposito di femminicidi e di spietati assassini adolescenti, quante volte abbiamo sentito dire che il boia era stato segnalato, era conosciuto, era risaputo che potesse essere pericoloso, se non letale? Quante volte dopo il delitto salta fuori una perizia psichiatrica, una certificazione di pericolosità con tanto di firma e ufficiale sottoscrizione, che attesta le denunce passate, l’ingiunzione delle forze dell’ordine e dei tribunali, la segnalazione ai servizi sociali?

La risposta è ancor più retorica della domanda e per rimanere sintonizzati sulla diretta, basta pensare all’ultimo misfatto, forse già il penultimo a quest’ora, il colpo esploso nel petto di Santo Romano per mano di un diciassettenne a Napoli. I motivi, pur presunti, nemmeno vale la pena riportarli, sono sempre minuscoli e ridicoli, ma evidentemente per il diciassettenne molto più importanti di una vita umana.

E siccome si tratta dell’ennesimo caso in una serie infinita di vicende simili, nemmeno varrebbe forse la pena rilevare che da due anni l’assassino era conosciuto dalle forze dell’ordine e dagli organi giudiziari, perché denunciato dalla madre per molestie e perché ritenuto pericoloso.

Questo non ha impedito che fosse in possesso di un’arma da fuoco e non ha impedito che a 17 anni fosse alla guida di un’auto. Dove sta la sorpresa, chi può dire di essere veramente sorpreso?

Le soluzioni o almeno i tentativi di arrivare a una soluzione sono due e non voglio insinuare che siano di semplice attuazione. Il primo tentativo impone una trasgressione: nonostante le segnalazioni e la notorietà della minaccia in essere pare non esserci possibilità alcuna che le persone potenzialmente pericolose vengano messe sotto tutela in un ambiente protetto e protettivo, e allora è necessario che qualcuno tiri fuori gli attributi e d’autorità la sbrighi in modo diverso questa cosa.

Per quale sfuggente motivo non si riesca a tenere sotto tutela persone notoriamente segnalate io non lo so, ma che sia un maresciallo, un giudice, un assistente sociale, un prete o un supereroe, bisogna che qualcuno capisca quel che occorre fare e lo faccia. Con o contro le norme vigenti.

Il secondo tentativo sarebbe il più assennato e il più istituzionale, ma proprio per questo il più difficile da realizzare, se rendo l’idea. Pare evidente a tutti che così non funzionano le cose. Divieti di avvicinamento, segnalazioni e vediamo quel che accade, psicologi da incontrare se vi va, braccialetti buoni giusto per la bigiotteria vintage, servizi sociali che buttano l’occhio e vediamo un po’.

Non funziona, caso mai qualcuno non si fosse accorto, non funziona niente. Possiamo accompagnare, provare a educare, dobbiamo, ma nel frattempo chi è manifestamente pericoloso non può non essere accolto in un ambiente che protegga lui e le persone attorno a lui. Bisognerebbe cambiare tutto ed essere concreti e consapevoli, con l’intento proteggere chi colpa non ha, e Santo Romano non ne aveva, e proteggere, educare e far rinascere chi un senso migliore in questa vita non lo trova. E possibilmente non in Albania.

Qualcosa bisognerà fare e non solo parlare di pene, che non sono necessariamente sinonimo di prevenzione. Altrimenti cominciamo a rassegnarci, questo e molto più di questo sarà la nostra quotidianità a venire e lascio ai sociologi l’analisi dei temi che corrono.

Solo, nessuno poi mostri stupore.

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