SALVINI LO STATISTA DELLE CILIEGIE

Non sono un Rom schedabile né uno spacciatore citofonabile o un clandestino imbarcabile, sono piuttosto un’enorme ciliegiona divorabile e uno dei traumi più corposi della mia esistenza, tra i tanti, è legata per l’appunto a Matteo Salvini, noto divoratore pubblico di ciliegie.

Dobbiamo risalire agli anni ’70, l’epoca dei cineclub e del cinema in pellicola. All’epoca Matteo era forse appena nato, si nutriva di capezzoli e non sappiamo se sputava l’osso. Sta di fatto che fui licenziato in tronco come proiezionista da un noto cineclub di San Lorenzo. In sala c’era solo una coppia intenta a fornicare, perché spesso chi sta nel buio della sala crede di essere solo e dimentica l’esistenza del proiezionista. Quella sera mi addormentai, la pellicola si spezzò all’inizio del secondo tempo, uscì silenziosa e subdola dai binari della bobina di riavvolgimento e quando mi svegliai, poco prima della fine, mi ritrovai immerso in una giungla di pellicola. Un incubo. Il film si chiamava, non a caso, “Il Mucchio Selvaggio”. Memorabile film di Sam Peckinpah, soprattutto per me. Che da allora si è fermato per me e per sempre al fotogramma in cui il boss messicano viene crivellato di colpi da William Holden.

Cosa c’entra Matteo Salvini? A parte l’allarmante somiglianza con Pancho Villa, presto detto: la sera in cui lo vidi in diretta tivù più o meno mezzo secolo dopo, in non so quale osteria veneta, svuotare a 78 giri una vaschetta di ciliegie mentre il governatore Zaia al suo fianco parlava di bambini, batteri killer e di ospedali, giustamente compunto vuoi per i bambini aggrediti dal batterio killer vuoi per le ciliegie aggredite dal batterio Matteo (non so se all’epoca Luca Morisi si occupava ancora della sua immagine), mi accadde una cosa simile. Nella mia testa ammaliata e ipnotizzata si spezzò la pellicola “Matteo Salvini – storia di un politico”. Su quella sequenza lì, la vaschetta di ciliegie crivellata di morsi, mentre si parla di bambini e di batteri fetenti. L’incubo che torna. Da allora, nonostante Matteo abbia cercato di rimpiazzare le ciliegie con i meloni, non sono più stato capace di andare oltre. Per me Salvini si è fermato lì (e, onestamente, non capisco come gli italiani siano potuti andare oltre), in quella scena di olocausto della cerasa, quel piccolo, innocente frutto rotondo che cresce negli alberi e che tutti amiamo. Sogno almeno una volta al mese di essere una grande, succosa ciliegia e di essere divorato a tavola da Salvini.

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