ROMA SCAPOCCIA

Se rinasco voglio essere Gonzalo Ariel Montiel. Lo chiamano El Bombero, dunque il Pompiere. Ha spento le fiamme della Roma, dopo aver annacquato la Francia al Mondiale, sempre su calcio di rigore, l’ultimo, decisivo.

Si entra così nella cronaca e nella storia, il Siviglia torna da Budapest con la settima coppa Uefa, roba grossa per una squadra piccola che in questo torneo vale il Real Madrid di Champions. A Mourinho non riesce il doblete, sperava di vincere una delle tante finali della sua carriera gloriosa, la seconda consecutiva che per la Roma sarebbe stata da Arco di trionfo.

Dybala aveva fatto eccitare le falangi romane salite in Ungheria con i migliori fichi della grande bellezza, Giovanni Malagò aveva provveduto a caricare sul nuovo Ita la truppa di lupacchiotti, D’Alema, Gasparri e poi c’erano Damiano dei Maneskin, Verdone, Venditti, Vanzina, Totti.

Restano le lacrime di Dybala che ormai piange come un pupino, resta il frullare di mani e di voci dei panchinari romanisti in eccitazione continua con il loro capopopolo, Mourihno Josè all’ultimo giro.

Sogno svanito nello stadio dedicato al colonnello Ferenc Puskas di cui pochissimi sanno, presi dal quattrotretre e dalla densità. La Roma ha perso giocando un tempo soltanto, il Siviglia ha vinto giocando per il resto con piglio maggiore ma senza esaltare, partita modesta, interpreti in linea con il football di serie A e della Liga, il grande calcio sta altrove.

Mourinho ha sbagliato togliendo Abraham e inserendo Belotti, rinunciando dopo un’ora a Dybala che ha l’autonomia di un minicar elettrico, uscito poi Pellegrini, la Roma si è praticamente fatta male da sola, privandosi di eventuali rigoristi, cosa che appunto si è verificata con gli errori di Mancini e Ibanez, sfigurato da una manata di Lamela, ex rancoroso.

Partita lunghissima, incominciata mercoledì e conclusasi giovedì, grazie alle nuove indicazioni di Collin e la sua orchestra, 150 minuti non sono un cosa seria, recuperi da treni pendolari, gioco spezzettato, il nuovo calcio è questo e non piace a nessuno, soprattutto a chi perde.

La Roma resta con zero tituli, non voglio infierire ma questo dice la sua stagione. Eppure prevedo celebrazioni e riverenze per il portoghese che alla fine ha riunito i suoi in mezzo al campo, ha fatto il discorso del re, ha ringraziato il popolo giallorosso affranto e ora chissà, forse, può darsi, resta, parte.

La Roma andrà avanti con o senza di lui. Lo special one ha ovviamente attaccato l’arbitro e ha ribadito di avere vinto cinque finali europee, perché il suo passato non può essere dimenticato, ma il presente è deludente, amaro, perdente. E l’arbitro è un fragile alibi.

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