Per ragioni irrilevanti in questa sede, sono stato in visita nella sede milanese di un’azienda tedesca famosa in tutto il mondo. La gestione della sede è tutta italiana e ovunque ci si muova si respira aria di umanesimo. Ovunque ci si muova si respira l’aria di persone che credono si possa lavorare, lavorare bene e persino guadagnare, pur avendo come faro alcuni valori universali.
Uno entra e si parla di etica, di ambiente, di sviluppo, di potere delle differenze, di valore di ogni individuo e ogni cosa in quello spazio sembra tradurre quei buoni propositi. Ho ragione di credere che anche fuori da quello spazio siano quei valori i fari che guidano le operazioni e lo dico con un certo straniamento e mantenendo una certa distanza dalle politiche aziendali delle industrie internazionali, o almeno una certa diffidenza nel passaggio dalla teoria alla pratica. Solo che lì ho avuto la sensazione di dovermi sciogliere, di dovermi ricredere.
Forse mai avrei scritto di questa esperienza personale, ai più insignificante, se poco prima non avessi letto che l’Università di Canterbury ha intenzione di eliminare la laurea in letteratura inglese, perché ormai pochissimi sono interessati. Il mondo corre in modo spedito altrove, verso un sapere immediatamente utile, o apparentemente utile. Un sapere tecnico e produttivo, un sapere che nel pensiero odierno possa fornire innovazione e guadagno istantaneo.
Studiare la letteratura, la storia, le lingua classiche, la filosofia, è ritenuto ormai una perdita di tempo. Leggere i classici, ma anche le opere contemporanee, studiare la storia del pensiero, delle civiltà, sono ormai imprese ritenute inutili e improduttive. E vorrei dire che sta tutta qui la tragedia del mondo intorno a noi.
In quel mio breve aggirarmi nella sede italiana dell’azienda tedesca, ho avuto invece l’impressione opposta. Ho avuto l’impressione, e con una certa presunzione vorrei dire la certezza, che in quello spazio si potesse esprimere quell’umanesimo, quei valori, proprio perché qualcuno lì dentro aveva alle spalle lo studio, la comprensione e la gioia di condividere l’importanza del pensiero dei classici, della conoscenza della storia, dell’evoluzione del pensiero.
La certezza che quel che vedevo era possibile solo grazie al fatto che qualcuno avesse letto certi libri, avesse studiato i grandi filosofi e avesse fatto propri certi principi universali.
Non mi stupisco più, o capita raramente, ma suona per lo meno curioso che per imbattermi nelle vestigia dell’umanesimo più nobile io debba ignorare Canterbury e varcare invece la soglia della sede italiana di una multinazionale tedesca.
Vale però la pena ricordare che sono le persone a decidere la rotta. Non le mura, le istituzioni o le aziende, ma le persone che vivono tra quelle mura, in quelle istituzioni, in quelle aziende.